Il liberale Lasso nuovo presidente dell’Ecuador, che svolta a destra

Il banchiere favorito dal “voto contro” l’ex Rafael Correa, condannato in patria a 8 anni per corruzione. Al voto anche il Perù, dove al primo turno è ancora incertezza

Il banchiere Guillermo Lasso è il nuovo presidente della Repubblica dell’Ecuador: a scrutinio quasi ultimato ha il 52,47% dei voti, contro il 47,53 di Andres Arauz, il candidato sostenuto dall’ex presidente Rafael Correa, che dopo il primo turno aveva ben 13 punti di vantaggio. E quello per Lasso è stato a tutti gli effetti un “voto contro” Correa, che attualmente vive in Belgio dato che in patria pende sul suo capo una condanna a 8 anni per corruzione. Un voto a destra, dunque, che potrebbe segnare la fine di un’epoca, anche se non sarà facile governare con un Parlamento nel quale il partito di Arauz è comunque maggioranza relativa. Questo imporrà a Lasso di venire a patti con il Pachakutik, il partito del leader indigeno Yaku Pérez, la grande sorpresa di queste elezioni, e con i socialdemocratici di Xavier Hervás. Dai vescovi, intanto, arriva una nota che invita le autorità elettorali a «garantire trasparenza» e i vincitori a «superare i fanatismi ideologici e le posizioni estremiate», a «governare con saggezza» e ad ascoltare la popolazione e le sue necessità, «soprattutto le persone più vulnerabili».

Al voto, nella giornata di ieri, 11 aprile, anche il Perù, al primo turno delle presidenziali, con 18 candidati. Frammentazione e incertezza, le coordinate delle elezioni, anche se, alla luce degli exit poll e dei risultati parziali, a sorpresa, il candidato meglio piazzato sembra quello più a sinistra tra i numerosi concorrenti: il maestro del Cajamarca Pedro Castillo, portavoce dei comitati contro le miniere d’oro. Usa poco i social ed è andato a votare a cavallo. Attualmente è accreditato di circa il 15%. Se la dovrà vedere con un candidato di destra, da vedere se quella liberale e moderata dell’economista Hernando de Soto (che pare leggermente avanti) o quella più estrema di Keiko Fujimori, figlia del dittatore Alberto, o di Rafael López Aliaga. Acclarato infatti il tonfo dei candidati centristi, come Yonhhy Lescano di Acción Popular (attualmente sotto il 10%) e Julio Guzmán, del Partito Morado dell’attuale presidente Francisco Sagasti (al 2,5%), che fotografa la crisi e l’insoddisfazione dei ceti medi del Paese.

12 aprile 2021