Un’eruzione improvvisa, nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 giugno: un’esplosione di gas, fumo e ceneri che ha oscurato il cielo ed è rapidamente caduta sul territorio circostante, densamente abitato. Il Guatemala come Pompei: il Volcán de Fuego, alto oltre 3.700 metri, a circa 35 chilometri a sudovest della Capitale Città del Guatemala, ha sepolto rapidamente alcuni dei centri alle sue pendici. Al momento si contano 69 vittime e quasi 2 milioni di persone coinvolte. Il fenomeno più grave, per questo vulcano caratterizzato da attività di tipo stromboliano, da diversi anni a questa parte.

Il vescovo di Escuintla, la diocesi più interessata dal disastro, Victor Hugo Palma Paúl ha chiesto alle autorità locali e nazionali di «proseguire nel prestare i servizi che sono loro propri. In molti casi abbiamo riscontrato prontezza e impegno civile – ha dichiarato -. È importante non restare a metà del cammino e prestare attenzione a migliaia e migliaia di persone colpite a Escuintla, Chimaltenengo y Secatepéquez». Intanto le parrocchie e la Caritas hanno allestito tre centri di accoglienza in altrettante parrocchie. La Caritas diocesana di Escuintla poi fa da riferimento come «centro di raccolta specialmente per medicinali, vestiti e alimenti, e soprattutto per acqua potabile», il bene  più necessario in questo momento. Domenica 10 giugno poi si effettuerà una colletta straordinaria in tutte le parrocchie della diocesi. , il prodotto di cui c’è attualmente maggiore necessità. Una colletta sarà effettuata in tutte le parrocchie della diocesi domenica 10 giugno. «La zona colpita nella regione di Escuintla, specialmente le località di Los Lotes ed El Rodeo, oltre a altri piccoli villaggi – ha spiegato monsignor Palma -, è densamente abitata da agricoltori, piccoli proprietari terrieri, coltivatori di caffè, ortaggi e frutti. La densità abitativa ha favorito la gravità della catastrofe».

Il timore resta quello di un’ecatombe: i soccorsi infatti non sono ancora riusciti ad arrivare nelle zone più popolate. Lo scenario peggiore prevede che si possa arrivare a tremila vittime. A riferirlo all’Agenzia Sir è Mario Arévalo, segretario esecutivo della Caritas guatemalteca. «Erano 44 anni che il Volcán de Fuego non causava danni seri. L’altroieri ha intensificato la sua eruzione causando una strage – le sue parole -. L’entità dei danni non è quantificabile in questo momento. Ci sono tantissime persone disperse e, avendo le autorità stabilito tre cordoni di sicurezza, non è possibile per noi arrivare alle zone che erano più popolate. Attualmente il dato provvisorio è di circa 70 vittime, ma alcuni esperti temono che ci siano addirittura tremila persone rimaste sotto le ceneri».

Ancora non è possibile stimare il numero delle persone rimaste senza casa. «Come Caritas del Guatemala, in coordinamento con le Caritas diocesane, stiamo operando per raccogliere alimenti e sistemare le persone in alberghi e centri di accoglienza», prosegue Arévalo, che riferisca anche di danni a infrastrutture pubbliche, «soprattutto strade e ponti», che rendono «molto difficili» le comunicazioni. «Purtroppo a livello governativo manca una struttura per gestire le emergenze e il rischio è quello di che nessuno pensi alle persone colpite dalla catastrofe. Perciò, come Caritas dobbiamo pensare sia all’emergenza immediata sia a guardare a medio termine. Per questo – conclude il segretario della Caritas guatemalteca – faccio un appello anche alle Caritas europee e a tutte le persone di buona volontà».

5 giugno 2018