Il grido di Roma contro la violenza sulle donne

Donne di tutte le età ma anche uomini, accanto alle loro compagne o in gruppo, famiglie e bambini. Il 25 novembre sono scesi in piazza per fare rumore, in nome di Giulia Cecchettin e di tutte le vittime di femminicidio, dietro allo striscione che recitava “Be free”

«Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce». «Donna, vita, libertà». «Vogliamo essere libere, non coraggiose». Come rilanciate in aria dal forte vento freddo, le parole gridate e ritmate dalle migliaia di manifestanti – 500mila secondo gli organizzatori – hanno riempito le strade di Roma sabato pomeriggio, 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il corteo – promosso nella Capitale per l’ottavo anno dal movimento “Non una di meno” nel giorno dedicato istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2000 – si è radunato già dalle 14 al Circo Massimo per poi muoversi verso piazza di Porta San Giovanni attraversando via di San Gregorio, via Labicana e viale Manzoni, dove davanti alla sede romana di “Pro vita e famiglia”, presidiata dalle forze dell’ordine, alcune attiviste hanno compiuto un blitz lanciando alcuni fumogeni e appendendo uno striscione di protesta.

Tra i manifestanti, donne di ogni età con indosso sciarpe, bandane o guanti del colore simbolo del movimento, il fucsia, ma anche uomini accanto alle loro compagne o in gruppo, molti con il segno rosso sul volto a dire che «di questa situazione ormai insostenibile dobbiamo prenderne coscienza noi per primi», come ha sostenuto Valerio, 19 anni, che ha preso parte alla manifestazione insieme ad altri 3 coetanei e compagni di studi. In braccio ai genitori o sulle spalle anche tanti bambini, qualcuno accompagnato pure dai nonni. Gente comune ma anche volti noti del mondo della musica o del cinema come Fiorella Mannoia, Malika Ayane, Noemi, Luisa Ranieri con il marito Luca Zingaretti e Ferzan Ozpetek. Presente pure il sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri, che ha parlato della violenza contro le donne come di «un’emergenza drammatica, i cui numeri sono terribili: un femminicidio ogni 3 giorni». Lo dimostrano i numeri: sono state 106 le donne uccise da gennaio 2023, di cui 87 in ambito familiare e affettivo. Per questo, ha continuato Gualtieri, «abbiamo il dovere di essere qui», perché «bisogna lavorare su tutti i fronti: non solo repressione ma anche prevenzione, perché troppo troppo spesso non si accetta la libertà delle donne».

Proprio alla libertà da garantire a ogni donna in ogni campo inneggiava la scritta bianca “Be free” che spiccava su un fondo fuxia nello striscione in apertura del corteo, così come forte era il monito e l’invito a liberarsi dalla cultura del patriarcato che campeggiava sul camion del movimento “Non una di meno”, che guidava la parata ordinata ma rumorosa e chiassosa, per riprendere l’idea di dedicare non un minuto di silenzio ma di rumore alle vittime, come auspicato da Elena Cecchettin, sorella della ventiduenne Giulia uccisa lo scorso 11 novembre dal suo ex fidanzato. Un caso di cronaca che ha scosso l’opinione pubblica, favorendo quest’anno una maggiore partecipazione alla manifestazione nazionale, accompagnata dal tintinnio delle chiavi fatte dondolare in mano, dal suono di cembali e maracas ma anche di cucchiai che picchiavano coperchi di acciaio. «Non ci farete più tacere. Quest’anno si è levato forte e chiaro il grido stremato di noi che non vogliamo più fare parte di questo sistema che ci vuole ostacolate, sminuite e vittime – ha detto Sara Alessandra, artista di Torino -. Vogliamo che sia chiaro che l’atto estremo della violenza di genere è l’ultimo di una lunga serie di subdole azioni quotidiane, che siamo stanche di subire».

Le richieste dei movimenti e delle associazioni – tra quelle che hanno aderito, “Donne in rete contro la violenza”, la “Casa internazionale delle donne” e “Differenza Donna” oltre agli studenti del “Collettivo cambiare rotta” e il Movimento degli studenti palestinesi in Italia con lo slogan “Finché le donne palestinesi non saranno libere, nessuna sarà libera” – sono legate a una maggiore garanzia e tutela per le donne, dal reddito di libertà ai finanziamenti per il welfare, ma anche per i centri antiviolenza e i consultori; ancora, la necessità di una adeguata formazione affettiva nelle scuole, fin dai gradi inferiori. Protagonisti anche i centri antiviolenza come Lucha y Siesta, la casa rifugio per le donne di via Lucio Sestio 10, a rischio sgombero.

27 novembre 2023