Il grazie di Brandolini per i 63 anni di sacerdozio e 36 di episcopato

Il vescovo romano più anziano della diocesi ha presieduto la Messa nella basilica lateranense, in occasione dei suoi 90 anni. «Qui c’è tutta la mia vita e ci sono i miei cari»

Il canto “Eccomi” ad aprire la solenne celebrazione che ieri sera, 12 dicembre, ha presieduto nella basilica di San Giovanni in Laterano in occasione dei suoi 90 anni, in memoria della propria vocazione e come segno di ringraziamento a Dio e alla comunità. Così il vescovo Luca Brandolini, emerito di Sora, ad oggi il vescovo romano più anziano della diocesi di Roma – ordinato il 7 dicembre del 1987 – ha voluto dire «il mio grazie per 63 anni di sacerdozio e 36 di episcopato a Colui che è onnipotente e compie meraviglie». Accanto a lui sull’altare gli arcivescovi Piero Marini e Vittorio Viola, «due figure significative per me – ha detto all’inizio della celebrazione, animata dal coro della basilica lateranense -, che rappresentano il centro propulsore della mia fede». Tra i concelebranti, il presule ha ringraziato anche il vescovo ausiliare Paolo Ricciardi, il cardinale Enrico Feroci e i «cari confratelli canonici» regolari della cattedrale. «Qui c’è tutta la mia vita e ci sono i miei cari», ha affermato con commozione ancora nel suo saluto, guardando ai familiari presenti, ai fedeli della comunità della Santissima Trinità di Lunghezza, di cui Brandolini è stato parroco, e ai «carissimi diaconi permanenti che per tanti anni ho accompagnato nel loro cammino», essendo stato nel 1982 il primo responsabile del ripristino del ministero del diaconato permanente a Roma su incarico dell’allora cardinale vicario Ugo Poletti.

Nella sua omelia, Brandolini ha commentato in primo luogo il brano della prima lettura tratto dal libro del profeta Isaia, riconoscendo nella «parola consolazione che guida questi capitoli profetici e poetici un messaggio di speranza» per la venuta «di un Messia secondo il disegno di Dio» e dunque non «un rivoluzionario politico» ma una figura «umile e obbediente, che con la Parola e con la sua sofferenza e il sacrificio fino al martirio avrebbe suggellato un’alleanza nuova con Dio». Un Messia che «si è incarnato nella nostra carne perché la gente possa dal nostro stesso agire e dalla nostra vita riconoscere il volto di Dio che si è manifestato nel suo Cristo».

Ancora, il commento di Brandolini al brano del Vangelo che racconta la parabola del Buon Pastore che va a cercare l’unica pecora smarrita. Guardando in particolare al servizio formativo svolto presso il Centro diocesano per i ministeri e il diaconato permanente nell’antica diaconia di San Teodoro al Palatino, il presule ha ricordato come «ho sempre cercato di esercitare al meglio il mio compito come il pastore che porta in braccio gli agnellini e conduce con dolcezza le pecore», sentendosi «chiamato a unire e guidare» le persone.

Luca Brandolini, messa 90 anniInfine, anticipando lo sguardo al Natale, Brandolini ha parlato di «Dio che viene a visitare il suo popolo» e la sua venuta «ci stupisce perché avviene nella piccolezza del Bambino», grazie al quale «scopriamo la grandezza e l’amorevolezza di un Dio che si fa povero e piccolo, che si riveste della nostra miseria e della nostra fragilità» ossia «della nostra natura umana». Ma Brandolini ha voluto considerare anche «un’altra venuta, l’ultima, quella nella gloria» con la quale «si realizzerà il progetto di salvezza» e che tuttavia possiamo fin da ora «riconoscere nei segni che ci sono dati» e che ci permettono di «accogliere, godere e vivere il Signore» e cioè «la Parola, l’Eucaristia e il sacramento del povero», per cui tutto quello «che avremo fatto ai più piccoli, lo avremo fatto a Lui». Ancora, il presule ha considerato «la venuta di quando arriva il momento in cui viene il Signore per celebrare le nozze con ciascuno di noi», una venuta che può apparire «drammatica e buia ma che sfocia nella luce radiosa della pace con Dio».

A margine della celebrazione, monsignor Enzo Pacelli, canonico di San Giovanni in Laterano, ha voluto testimoniare il suo legame con il vescovo Brandolini, definendolo «un pastore buono che si è preso cura del suo gregge», oltre che «un padre e un maestro dell’amore ai santi misteri del Signore quali l’altare e la Parola». Ancora, Pacelli ha ricordato del compagno e amico di studi dal 1969, che «è stato il primo laureato del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo» e che «ha diffuso in tutte le diocesi d’Italia la costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium».

13 dicembre 2023