Il “grazie” della Chiesa di Roma ai monasteri di clausura

Il cardinale De Donatis scrive ai claustrali della diocesi: «I vostri monasteri sono il “pozzo di Giacobbe” a cui tutti accorrono per attingere acqua

Scrive nella domenica della Samaritana, il 15 marzo, il cardinale vicario Angelo De Donatis, per dire il “grazie” della comunità diocesana ai claustrali e alle claustrali della diocesi di Roma. «I vostri monasteri – si legge nella lettera – sono quel “pozzo di Giacobbe” a cui tutti accorrono per attingere acqua fresca in periodo di siccità diffusa. La sete spinge non solo Gesù ma anche le persone come la donna Samaritana a cercare refrigerio fisico e spirituale».

Con la mente e il cuore al brano evangelico della liturgia di domenica scorsa, il porporato ricorda il colloquio «proibito» di cui Gesù prende l’iniziativa: «”Proibito” dalle regole di comportamento sociale ma “desiderato” dalla sua sete di portatore di salvezza. Con tale dialogo – osserva – non disdegna di farsi bisognoso e povero (“dammi da bere”) pur di ottenere una disponibilità “stupita” che eleva la donna dalla dimensione umana e misera a quella spirituale e misericordiosa».

De Donatis evidenzia le parole di Gesù: «”Se tu conoscessi il Dono di Dio e chi è Colui che ti parla!”. Noi – prosegue – conosciamo il dono di Dio che sono i nostri monasteri! “Oasi di ascolto profondo” e di unione con Dio; “porte aperte” all’incontro con il Solo; “grembi materni” che accolgono tutti senza giudizi personali o selettivi per donare pace profonda! Di questo “dono di Dio” noi a Roma siamo davvero ricchi con i 28 monasteri (26 femminili e 2 maschili) che ho visitato insieme al vicario della vita consacrata portando la benedizione e la vicinanza paterna di Papa Francesco». Monasteri che sono «pozzi di Acqua Viva» in cui «tutta la città si reca fisicamente e ora sempre più anche virtualmente, per avere di “quell’Acqua” che solo Gesù può dare. Tale Acqua viva – ancora le parole del cardinale – è lo Spirito Santo che fa di ogni autentico “assetato di Dio” un “uomo-sorgente”, una “donna-sorgente” che porta in sé la fonte che “zampilla per la vita eterna”».

Da ultimo, la «profezia dei vostri monasteri (“vedo che sei un profeta!”), la vocazione vivente e perenne di quello che è il vostro servizio in questa amata città di Roma. Siete davvero il cuore orante della città eterna. E anche in questa circostanza dolorosa e unica della pandemia, in cui tutti siamo costretti a vivere “in clausura” nelle nostre case, voi monache e monaci che avete scelto il chiostro e le grate come stile liberante e santificante, diventate l’esempio di come il “luogo in cui bisogna adorare” è l’intimità del cuore e della famiglia!». I vostri monasteri, scrive ancora il porporato citando le parole di Gesù – «credimi donna: è l’ora in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre, il Padre cerca adoratori in Spirito e Verità» -, sono «il luogo dove anche noi immersi nella vita di ogni giorno scopriamo di essere il vero Tempio di Dio. Il nostro intimo, inabitato da Dio, fa di tutta la nostra vita – anche in tempi come questo di disagio e di sofferenza – una “liturgia perenne”; una “Messa continua” nel tempio interiore della Chiesa, Popolo Santo di Dio che vive in Roma. Davvero questo lo impariamo da voi che siete “gente reclusa per amore” e immersa nella preghiera adorante!».

Alle consacrate e ai consacrati di Roma il vicario del Papa rivolge un appello: «Vi chiedo di ascoltare sempre l’umanità di oggi così com’è, di aprire un dialogo senza pregiudizi per riaccendere la sete profonda che ognuno nasconde, proprio come Gesù che ha accolto una donna dalla vita disordinata per farne una Sposa-Tempio, custode della più alta rivelazione di tutto il Nuovo Testamento!». E ancora: «Vi affido tutti i piccoli e i poveri di questa città, soprattutto i giovani. In questa società senza fonti pure e zampillanti, malata di acque stagnanti e piene di virus, possano scoprire di avere in sé una fonte nascosta che li chiama alla Vita piena di felicità. Voi che sperimentate ogni giorno la gioia dell’incontro con Gesù che vi dice guardandovi negli occhi: “Sono io che ti parlo!”, intercedete con la vostra preghiera per ottenere la grazia delle Grazie: quella cioè di “alzare gli occhi e guardare i campi che già biondeggiano”! È la grazia – prosegue De Donatis – di un Vangelo vissuto da tutti noi: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici di questa comunità diocesana perché il mondo possa vedere l’Evangelii gaudium vissuto fino alla primavera dello Spirito tanto attesa quanto ormai prossima!».

Quindi, un ringraziamento, «non per quello che fate ma per quello che siete. “Padri e Madri nello Spirito” che come Mosè stanno davanti all’Altissimo con le braccia alzate perché i figli del nuovo Israele vincano la battaglia contro il nemico. E così tutto il mondo nel Cuore squarciato di Cristo che da Crocifisso grida il suo “Sitio” (ho sete) fino a che tutta l’umanità, finita la quarantena dell’attacco virale del peccato, si abbracci festosa in un Cantico dei Cantici che fa della Chiesa la Sposa bella e adorna per il suo Sposo. Per sempre!».

18 marzo 2020