Il Giubileo, tema guida dei “Teatri del Sacro”

Dal 18 febbraio fino al 17 aprile 14 rappresentazioni in quattro diversi spazi. Il presidente Federgat Fiaschini: «Una spiritualità che si china sull’uomo»

Dal 18 febbraio fino al 17 aprile 14 rappresentazioni in quattro diversi spazi. Il presidente Federgat Fiaschini: «Una spiritualità che si china sull’uomo»

Sul palco va in scena «una spiritualità che si china sull’uomo». Non potrebbe essere altrimenti, dato che il teatro è «corpo, materia, azione, uno dei linguaggi che meglio rappresenta il desiderio di dialogare con la spiritualità incarnata, che si fa corpo, sentimento, emozione». Fabrizio Fiaschini, presidente della Federazione nazionale gruppi attività teatrali (Federgat), presenta così la nuova stagione dei “Teatri del Sacro“, il festival dedicato ai temi della spiritualità che propone un dialogo tra arte e spettatori intorno al concetto di sacro, inteso nella sua accezione più ampia e sorprendente. Quest’anno il progetto, promosso in collaborazione con l’Associazione cattolica esercenti cinema (Acec) e l’Ufficio nazionale Cei per le Comunicazioni sociali, è a tema “Giubileo” e porterà in scena fino al 17 aprile una selezione tra gli spettacoli vincitori del Festival negli scorsi anni, quattordici rappresentazioni in quattro diversi spazi della città – laici e religiosi – per riflettere sui grandi temi dello spirito nella Roma giubilare.

Ad aprire la rassegna, il 18 febbraio al Teatro dell’Orologio, sarà Lourdes, tratto dall’omonimo romanzo di Rosa Matteucci, con Andrea Cosentino, per la regia Luca Ricci, mentre di fede e di amore parla L’amore impaziente, in scena alla Chiesa degli Artisti due giorni dopo. In calendario per marzo, Caino Royale di Rita Pelusio al Teatro Santa Silvia e Corrispondenze di Roberto Aldorasi al Teatro Sammarco; stessa location per Per obbedienza, con Fabrizio Pugliese. Ad aprile l’appuntamento è al Teatro India per Delirium Betlem di Alberto Salvi, il De revolutionibus di Carullo-Minasi, le liturgie sacre e profane di Pe’ devozione e Io, mia moglie e il miracolo, di Punta Corsara.

Gli stessi spettacoli trovano posto, a mesi alterni, in teatri e sale di comunità, compiendo un vero e proprio viaggio nel rapporto dell’uomo con il divino, a partire dalla rabbia e dal cinismo per arrivare all’amore e alla misericordia. A fare da fil rouge, la misericordia: «Abbiamo cercato – prosegue Fiaschini – di interpretare contenuti e temi legati alla dimensione anche profondamente umana del sacro, per intercettare istanze che dialogassero con sentimenti e inquietudini più attuali che toccano l’uomo dei nostri tempi». L’intento, sottolinea, è «fare in modo che il linguaggio del teatro possa dialogare con i temi della spiritualità – in modo particolare nell’anno giubilare – in una chiave attuale, innescando riflessioni, domande e dubbi dentro i quali possano riconoscersi le persone che vanno a vedere gli spettacoli». All’interno dei quali si fondono una «profonda dimensione estetica» e «una cifra popolare», in pieno stile dei Teatri del Sacro: «Non ci siamo mai rivolti a una élite culturale ma a tutti, tant’è che abbiamo portato spettacoli in grandi teatri così come in zone decentrate. Vogliamo accendere una rete di luoghi culturali condivisi. Penso, in questo senso, al grande ruolo svolto dalle sale di comunità, una straordinaria risorsa in quanto spesso sono presidi in territori dove la cultura può fare fatica ad arrivare».

Sottolinea l’importanza di «uscire dal «recinto cattolico» e di «relazionarsi con le realtà laiche» Francesco Giraldo, segretario nazionale dell’Acec: «Oltre agli spettacoli offriamo spesso una preparazione agli spettacoli stessi, mediante alcuni laboratori, come quello proposto nella cappella universitaria della Sapienza. Per ogni sala è importante fare questo tipo di spettacoli perché il teatro è uno strumento formidabile per interfacciarsi con la comunità. Vale per il cinema, certo, ma molto più per un’arte che tocca fisicamente le questioni cruciali della contemporaneità. E non lo fa mai in modo consolatorio, edificante e autoreferenziale ma con uno sguardo problematico, ponendo questioni e cercando risposte nel cuore delle domande stesse. La sala così – afferma Giraldo – non è ambiente liturgico ma un “limen” dove credenti e non credenti si incontrano, confrontandosi su temi fondamentali: la vita, la morte, il dolore, la sofferenza, i rapporti intergenerazionali e di coppia».

16 febbraio 2016