Il Giubileo della Misericordia visto da Gerusalemme

La lettera pastorale del patriarca latino Fouad Twal. 4 le Porte che saranno aperte l’8 dicembre, a Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e in Giordania

La lettera pastorale del patriarca latino Fouad Twal. Quattro le Porte che saranno aperte l’8 dicembre, a Gerusalemme, a Betlemme, a Nazareth e in Giordania

La basilica del Getsemani a Gerusalemme, la chiesa di Santa Caterina a Betlemme, la basilica dell’Annunciazione a Nazareth e il santuario di Nostra Signora della Montagna, ad Anjara, in Giordania. Sono le chiese di Terra Santa nelle quali il prossimo 8 dicembre si apriranno le Porte della Misericordia. Lo annuncia nella lettera pastorale scritta per l’Anno Santo straordinario indetto da Francesco il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. “Cristo, volto della Misericordia del Padre”: questo il titolo della lettera, nella quale il patriarca parla del momento attuale definendolo «un periodo difficile della nostra storia; si soffre, soprattutto in Medio Oriente, dove la ferocia e la barbarie dell’uomo seminano ancora odio fratricida».

Twal si rivolge quindi «alla stragrande maggioranza del mondo che non è interessato al destino di tanti Popoli nei diversi contenenti, tra cui questa nostra regione medio-orientale» e invita quanti «diffondono ideologie di morte a ritornare ad ascoltare la loro vera coscienza, a far prevalere il valore della vita umana ponendolo al di sopra di tanti interessi materiali». Ancora, dal patriarca arriva anche un invito a pregare affinché «i protagonisti di queste politiche sentano la chiamata a essere più testimoni della misericordia di Dio, ad ascoltare di più Papa Francesco, gli oppressi, la comunità umana». La vera misericordia infatti «trascende tutti i confini e distrugge tutti i muri».

Proprio la misericordia senza confini di Dio dovrebbe essere la misura della misericordia dell’uomo verso il suo prossimo, «soprattutto verso i più deboli, gli oppressi, gli emarginati, i migranti, i profughi e coloro che vivono alle periferie della società». Per Twal infatti non si tratta di un sentimento «fugace, epidermico, emozionale»: la misericordia «è un impegno concreto, tangibile, creativo e coinvolgente tutta la persona umana». Deve abbracciare quindi la vita pubblica «in tutti i suoi settori: dalla politica all’economia, dalla cultura alla società, e questo a livello nazionale, internazionale, regionale e locale, senza trascurare nessuna direzione: Stati, popoli, etnie, religioni e confessioni religiose».
Quando la misericordia diventa «parte dell’azione pubblica», allora «contribuisce alla costruzione di un mondo migliore». In un mondo «che è sempre più disumano e che si sta muovendo verso la barbarie, la violenza e l’oppressione – incalza il patriarca -, la vocazione cristiana è di testimoniare la misericordia divina, in collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà». Di qui l’esortazione a tutti i fedeli «che hanno qualche peso nella famiglia politica, economica, culturale e sociale a vivere la misericordia e rifondare una cultura che permei di misericordia questo mondo che ci appartiene».
8 ottobre 2015