Il Giorno della memoria, impegno che continua

Il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia presente le iniziative in occasione del 27 gennaio, tra cui la testimonianza di Sami Modiano, sopravvissuto al lager di Birkenau, alla Sapienza. Il ruolo della comunicazione contro l’antisemitismo

Sarà l’Auditorium della Tecnica a ospitare il primo degli eventi programmati dalla Fondazione Museo della Shoah a Roma in occasione del Giorno della memoria, il 27 gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz. Lo annuncia il presidente Mario Venezia: «La sera di domenica 21 presenteremo nella struttura di via Tupini il documentario “I Giusti” che poi andrà in onda in seconda serata su RaiTre il 26 gennaio». Ma il programma dell’intera settimana è ricco di appuntamenti: «Martedì 23 alle 10 ci sarà una diretta su YouTube con la testimonianza dalla Sapienza Università di Roma di Sami Modiano, sopravvissuto al lager di Birkenau, rivolta soprattutto a studenti delle superiori e universitari ma non solo: sono già 500mila le prenotazioni. Mercoledì inaugureremo alla Casina Vallati la mostra “Le parole dell’odio”, organizzata in collaborazione con la Comunità ebraica di Roma, con una sala immersiva allestita ad hoc. Infine, il 25 gennaio al Maxxi, alle 11, in collaborazione con l’Unar e alla presenza della ministra per le Pari opportunità Roccella, inaugureremo la mostra “Dall’Italia ad Auschwitz”. Ci saranno anche lo storico Marcello Pezzetti e il ricercatore tedesco Thomas Schlemmer. Ci attiviamo in diversi settori per raggiungere un pubblico più ampio possibile».

A che punto è il progetto del Museo della Shoah dopo l’approvazione definitiva della legge in Parlamento lo scorso ottobre?
Il progetto esistente è quello a suo tempo individuato dal Comune di Roma nell’area di Villa Torlonia. La legge conferisce fondi per realizzare il Museo, che in realtà significa allestire la parte storica e documentale. Sono in corso scambi tecnici tra Comune e Fondazione per individuare un edificio compatibile con le esigenze attuali, che vanno certamente aggiornate. Siamo in contatto anche con il ministero della Cultura, tra l’altro perché mancano i decreti attuativi e non sono stati ancora erogati gli importi previsti (dieci milioni entro il 2025, ndr), al fine di un’armonica attuazione del Museo.

Non sono ormai molti i sopravvissuti della Shoah. Come si tramanda la memoria?
È un tema che affrontiamo ormai da qualche anno. L’esperienza che abbiamo si basa sul coinvolgimento di chi si fa portatore di un sapere misto all’emozione. Una storicizzazione di quanto accaduto, potremmo dire meno memoria e più storia. Certamente resta la grande frequentazione che molti di noi hanno avuto con i sopravvissuti, per motivi di lavoro o familiari. Ma occorre adeguarsi ai tempi. La Fondazione, ad esempio, lavora molto sui social, cosa impensabile fino a pochi anni fa: abbiamo un grande successo su TikTok. Occorre modificare anche il linguaggio: il contenuto rimane lo stesso ma cambia il modo di comunicare e abbiamo tanti riscontri. Un altro esempio è la mostra itinerante “Dall’Italia ad Auschwitz”, che ogni anno registra 50 o 60mila visitatori. Lì ci sono guide volontarie con famiglie coinvolte nell’aspetto storico ed emotivo. Anche se, è ovvio, la testimonianza di un Sami Modiano ha un altro impatto.

Ha fatto riferimento ai social. I dati parlano di un antisemitismo strisciante ma crescente. È un rischio concreto? Come si combatte?
È un rischio concreto che nella settimana della memoria, perché ormai le iniziative sono tante e non si potrebbero tenere in una singola giornata, si accentua. Vorrei far riflettere su un paio di elementi. Il primo è che una signora di oltre 90 anni come Liliana Segre deve girare con la scorta perché è stata minacciata, e so per certo, conoscendola, che non ne avrebbe alcuna voglia. Il secondo è il massiccio presidio di sicurezza davanti alla scuola ebraica di Roma. Anche lì perché arrivano minacce. Sono fatti oggettivi. È un tema molto grave, che trova poi espressioni più o meno evidenti legate alle vicende che coinvolgono Israele. Ma c’era, forse sopìto, anche prima. Non c’è una ricetta per combatterlo, occorre fare di tutto, reagire subito e non permettere che il fenomeno si autoalimenti. Penso che si possa fare moltissimo con la comunicazione. Non è facile dare spiegazioni ma così ci si rafforza anche contro questa piaga.

Il Giorno della memoria cade in un clima particolare per quello che sta accadendo in Israele e a Gaza. La Comunità ebraica come si appresta a viverla?
Vedo un grande impegno. Il mondo ebraico ha vissuto quella tragedia 80 anni fa e la consapevolezza e le sensazioni sono ben presenti. Quasi tutte le famiglie furono duramente toccate. Penso che andrebbe valorizzato l’impegno culturale nei confronti della collettività che porta all’attualizzazione storica. Il ricordo è insito nella comunità e si traduce in una grande partecipazione civica.

23 gennaio 2024