Il generale Dalla Chiesa, simbolo della lotta alla criminalità

Il ricordo delle istituzioni, nel 39° anniversario dell’uccisione a Palermo. Mattarella: «Dal suo lascito, un salto di qualità nel contrasto alle mafie»

A 39 anni dal «tragico agguato» del 3 settembre 1982, in cui furono uccisi per mano mafiosa, a Palermo, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di polizia Domenico Russo, il presidente della Repubblica Sergio Matterella rende omaggio alla loro memoria, ricordando in particolare che, «pur nella brevità dell’incarico svolto a Palermo, il sacrificio del prefetto Dalla Chiesa e il suo lascito ideale contribuirono ad orientare molte delle scelte che, negli anni successivi, hanno consentito un salto di qualità nell’azione di contrasto ai fenomeni di infiltrazione mafiosa nell’economia e nella Pubblica Amministrazione». In concreto, «norme e poteri di coordinamento più incisivi diedero nuovo vigore alle strategie di contrasto alla criminalità organizzata e rafforzarono la fiducia degli apparati pubblici che la combattevano; mentre, nella società civile, cresceva un sentimento di cittadinanza attiva, portatore di una cultura dei diritti contrapposta alle logiche dell’appartenenza e del privilegio».

Nelle parole del capo dello Stato, fu «uno dei momenti più gravi dell’attacco della criminalità organizzata alle istituzioni e agli uomini che le impersonavano, ma, allo stesso tempo, finì per accentuare ancor di più un solco incolmabile fra la città ferita e quella mafia che continuava a volerne determinare i destini con l’intimidazione e la morte. A quell’odiosa sfida – prosegue – la comunità nazionale nel suo complesso, pur se colpita e scossa, seppe reagire facendosi forte della stessa determinata e lucida energia di cui Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva già dato esempio, durante il suo brillante percorso nell’Arma dei Carabinieri, nell’impegno contro organizzazioni criminali e terroristiche».

Ricorda l’agguato consumato in via dei Carini anche la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Quel giorno, afferma, «l’Italia perdeva uno dei suoi servitori più capaci e determinati. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha combattuto il fascismo, piegato i terroristi e, in poco più di cento giorni, ha fatto tremare Cosa Nostra – ricorda -. La sua intelligenza, la sua capacità di innovazione nell’approccio investigativo e la sua incrollabile fedeltà ai valori della Repubblica, uniti a straordinarie doti umane, lo hanno reso uno dei simboli della lotta alla criminalità nel nostro Paese».

Affidato a Facebook il ricordo del presidente della Camera dei deputati Roberto Fico. «La mafia ne temeva il coraggio, il rigore e l’inflessibilità che, uniti alle brillanti doti investigative e alle sue intuizioni sulle diramazioni del potere mafioso nella società facevano del generale Dalla Chiesa un pericoloso nemico da eliminare», scrive. E ancora: «Uccidendolo, si era illusa di aver vinto una battaglia decisiva contro lo Stato. Così non è stato perché la sua eredità è rimasta viva nella coscienza civile della società. Per questo – ammonisce Fico – è così importante ricordarne il sacrificio, lo straordinario valore della sua testimonianza e il costante monito a non delegare mai il potere, che è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, “né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti”».

«Un grande uomo delle istituzioni». Così definisce il generale ucciso dalla mafia il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, sottolineando, in una nota diffusa dal Viminale, che Dalla Chiesa rimane un esempio nella lotta al terrorismo e nel contrasto alle mafie, nei quali prima come generale dell’Arma dei Carabinieri e poi alla guida della prefettura di Palermo «si è contraddistinto per la sua non comune visione strategica». Per Lamorgese, «le sue intuizioni investigative e metodologiche ancora oggi risultano attuali ed essenziali per il contrasto di ogni forma di criminalità organizzata. Tutti noi – prosegue – dobbiamo continuare a fare tesoro dei suoi insegnamenti, in special modo in un momento come questo in cui le ingenti risorse pubbliche destinate a superare la crisi economica legata alla pandemia suscitano gli appetiti criminali, che è necessario prevenire e contrastare anche facendo ricorso a quell’approccio innovativo, suo tratto distintivo unitamente alla fermezza morale.

3 settembre 2021