Il fine vita al centro della Giornata del malato

Il cardinale Vallini presiede la Messa a San Giovanni in Laterano, preceduta dalla recita del Rosario animato dall’Unitalsi. Presenti medici del Lazio

Il cardinale Vallini presiede la Messa a San Giovanni in Laterano, preceduta dalla recita del Rosario animato dall’Unitalsi. Presenti i medici del Lazio 

«In occasione della Giornata mondiale del malato possiamo trovare nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente; un rinnovato impulso a lottare per il rispetto dell’integralità e della dignità delle persone, anche attraverso un corretto approccio alle questioni bioetiche, alla tutela dei più deboli e alla cura dell’ambiente». È questo l’augurio che Papa Francesco fa nel suo messaggio per la XXV Giornata dedicata agli ammalati e ai sofferenti, ma anche a chi ogni giorno si prende cura di loro, come medici, infermieri, volontari.

A livello diocesano, per l’occasione sabato prossimo il cardinale vicario Agostino Vallini presiederà alle 11 la Messa nella basilica di San Giovanni in Laterano, che sarà preceduta (ore 10.30) dalla recita del Rosario animato dall’Unitalsi. Con le loro divise bianche e blu, gremiranno le navate della cattedrale, al fianco dei malati e del personale sanitario. Tantissimi saranno i medici: il presidente dell’Ordine del Lazio, Giuseppe Lavra, ha invitato tutti i suoi colleghi a partecipare.

«Il mondo si è un po’ distratto dalle questioni spirituali – spiega – ma io credo che il mondo medico debba in qualche modo riavvicinarvisi, perché vive delle difficoltà e una situazione del tutto peculiare». Direttore di struttura complessa al San Giovanni Addolorata, Lavra si dice «molto credente e cattolico convinto». Per questo, aggiunge, «ho ritenuto di dare anche un altro piccolo segno di carattere personale: le prossime cerimonie per i 50 e i 60 di laurea, che coinvolgono centinaia di colleghi, saranno precedute da una celebrazione eucaristica».

Camici bianchi protagonisti anche dell’appuntamento che precede la Giornata vera e propria: venerdì, dalle 15, l’Università Lateranense ospiterà il convegno diocesano “Oltre il fine vita. La dignità del morire”. «Abbiamo voluto mettere al centro dell’attenzione il tema degli hospice – dice il vescovo Lorenzo Leuzzi, incaricato del Centro per la pastorale sanitaria – cioè quello della cura.

La Chiesa deve contribuire a diffondere nella cultura e nella società contemporanea la differenza tra cura e guarigione: perché ci si può curare sempre, anche se non sempre è possibile guarire». La cura, prosegue il vescovo, «è la massima testimonianza del rispetto della persona. Una vera società democratica – sottolinea – deve dare tutte le sue potenzialità per questo. Nessuno può determinare la biografia di una persona».

Lo ricorda anche Papa Francesco, sempre nel suo messaggio per questa XXV Giornata: «Ogni malato è e rimane sempre un essere umano, e come tale va trattato. Gli infermi, come i portatori di disabilità anche gravissime, hanno la loro inalienabile dignità e la loro missione nella vita e non diventano mai dei meri oggetti, anche se a volte possono sembrare solo passivi, ma in realtà non è mai così».

Il 16 settembre dello scorso anno, in uno dei Venerdì della misericordia organizzati per il Giubileo, il Santo Padre ha visitato una struttura che della dignità dei malati ha fatto la sua missione: l’hospice Villa Speranza del policlinico Gemelli, specializzata in cure palliative. Don Carlo Abbate, da dieci anni cappellano dell’hospice, ha organizzato il convegno di venerdì prossimo. «Il problema della morte e del morire, nel nostro contesto sociale – evidenzia don Carlo – non è molto sentito.

La vita non è solo quella che nasce, ed è unica e indisponibile, ed è certamente un dono che va difeso fino alla fine. Gli hospice sono una garanzia di questo». A Villa Speranza ci sono trenta pazienti residenti nella struttura, mentre altri 120 sono seguiti a domicilio. Alcuni vivono qualche mese, altri di più. «Il sentirsi dire “Voglio morire” non ci deve spaventare – conclude –, è spesso richiesta di qualcos’altro, di ascolto, di maggiore attenzione».

7 febbraio 2017