Il corpo, seme di eternità: la lezione di Rispa
La storia della donna, narrata nel secondo libro di Samuele, che non si rassegna alla morte dei suoi figli. La sua rivolta verso il sistema di morte rabbonisce il cuore di Dio
Tra le più sfortunate delle donne ci sono le madri che perdono i propri figli. Un dolore che chi non ha vissuto può forse solo immaginare restando accanto a qualcuna di loro, accompagnando in punta di piedi il suo indescrivibile calvario. Come un’amica preziosa anche la Scrittura segue i passi delle madri infelici, una delle quali è Rispa, una donna il cui nome significa “brace”. Nella sua anima arde infatti un fuoco che nulla riesce a spegnere, neppure la morte.
Il contesto della storia di Rispa è quello della carestia a causa della guerra. Una guerra che aveva fatto Saul, il primo re di Israele, colpendo ingiustamente i gabaoniti i quali «non erano Israeliti, ma un resto degli Amorrei, e gli Israeliti avevano fatto con loro un giuramento; Saul però, nel suo zelo per gli Israeliti e per quelli di Giuda, aveva cercato di colpirli» (2Sam 21,2). Un comportamento violento e sleale che Dio non aveva gradito. Intanto Saul era morto ma il sangue degli innocenti che aveva macchiato le sue mani continuava a gridare giustizia verso il Cielo.
Così il cielo si chiuse e divenne di rame e la siccità affamava la terra di Israele. Il nuovo re, David, si rivolse allora ai Gabaoniti e disse: «Che devo fare per voi? Quelli risposero al re: “Di quell’uomo che ci ha distrutti e aveva progettato di finirci, perché più non sopravvivessimo in tutto il territorio d’Israele, ci siano consegnati sette uomini tra i suoi figli e noi li impiccheremo davanti al Signore a Gàbaon, sul monte del Signore» (2Sam 21,3-6). Occorreva espiare il delitto sulla vita dei figli di Gabaon con la morte dei figli di Israele. È la legge cruenta della giustizia retributiva e della vendetta che il re David, per soddisfare «prese i due figli che Rispa, figlia di Aià, aveva partoriti a Saul, Armonì e Merib-Baal, e i cinque figli che Merab, figlia di Saul, aveva partoriti ad Adrièl di Mecolà, figlio di Barzillài. Li consegnò nelle mani dei Gabaoniti, che li impiccarono sul monte, davanti al Signore. Tutti e sette caddero insieme. Furono messi a morte nei primi giorni della mietitura, quando si cominciava a mietere l’orzo» (2Sam 21,8-9).
Al sangue innocente versato da Saul, David aveva infine risposto col sangue dei figli innocenti di Saul. Terribile, mostruoso modo di fare giustizia che ancora oggi impèra nel mondo: essa è a disposizione dei potenti che sacrificano bambini, ragazzi, figli innocenti sull’altare della loro insipienza e abuso di potere. Ma Rispa è una donna che, invece di accettare con rassegnazione o di omologarsi alle decisioni degli uomini – come fanno oggi, ahimè, molte donne al governo – vi reagisce con forza, determinata alla ribellione. Ella non si rassegna alla morte dei suoi figli né al potere della monarchia, né alla giustizia retributiva né alla logica della vendetta e nemmeno alla legge del taglione: lei vuole che i suoi figli vivano ancora, non accetta che i loro corpi pendano dagli alberi dove un potere umano arbitrario li ha impiccati.
«Allora Rispa, figlia di Aià, prese il sacco e lo stese sulla roccia, dal principio della mietitura fino a quando dal cielo non cadde su di loro la pioggia. Essa non permise agli uccelli del cielo di posarsi su di loro di giorno e alle bestie selvatiche di accostarsi di notte» (2Sam 21,10). Fu l’amore di Rispa a essere più forte della morte dei suoi figli, fu la sua rivolta verso il sistema di morte che creava – ieri come oggi! – la vergogna dell’assassinio dei padri sui figli, dei re sui loro sudditi a ristabilire davvero la giustizia in Israele, a rabbonire il cuore di Dio che fece tornare la pioggia nel Paese.
Furono le lacrime di Rispa e non – come credeva lo stesso David! – il sacrificio dei figli di Israele per compensare il sacrificio dei figli di Gabaon. La morte porta la morte, la vendetta porta la vendetta, la guerra porta la devastazione. I massacri porteranno i massacri, la guerra porterà ancora guerre, la vendetta non genererà che odio e infinite spirali di violenza. Solo la cura della vita porterà la vita. I figli di Rispa non tornarono in vita ma fu per la pervicacia del suo amore che ottennero la dignità della sepoltura. Fu lei che insegnò un fondamentale atto di civiltà al re David: che il corpo delle persone non è solo carne ma sacro seme di eternità.
8 gennaio 2024