Il commiato da Lina Wertmuller, «regista del buonumore»

Nella Chiesa degli Artisti i funerali della regista scomparsa il 9 dicembre. Il rettore don Insero: «Nelle sue opere ha raccontato gli oppressi e la gente comune». Il suo attore – simbolo Giancarlo Giannini: «Sarei rimasto un perito elettronico se non l’avessi conosciuta»

Brillante, anticonformista, ironica e radiosa. Per chi l’ha conosciuta erano queste le qualità principali di Lina Wertmuller, la grande cineasta scomparsa il 9 dicembre a Roma, sua città natale, all’età di 93 anni. Lunghi applausi, tanta commozione e numerosi omaggi hanno accompagnato i suoi funerali celebrati sabato 11 dicembre nella Chiesa degli Artisti a piazza del Popolo, a pochi passi dalla casa dove viveva. Accanto alla figlia adottiva Maria Zulima Job, c’era Massimo Wertmuller, suo nipote. Tra i banchi anche Giancarlo Giannini, Rita Pavone, Giuliana De Sio, Domenico De Masi, Caterina D’Amico, Marina Cicogna, Cinzia Torrini, Yari Gugliucci, Elisabetta Villaggio, figlia di Paolo. E ancora, Duilio Giammaria, Antonio Petruzzi, protagonista del suo primo film “I basilischi”, e Valerio Ruiz, collaboratore che le dedicò il documentario “Dietro gli occhiali bianchi”.

«Nelle sue opere ha raccontato la vita degli oppressi e l’ordinarietà della gente comune», ha sottolineato nell’omelia il rettore don Walter Insero, amico della regista, ricordandola come «un’artista libera che ha portato avanti la sua visione del mondo, conservando per tutta la vita l’anima di bambina ribelle, con il suo estro e la sua curiosità». Prima donna nella storia dell’Oscar a ricevere una nomination per la miglior regia con “Pasqualino settebellezze” nel 1977, Lina Wertmuller «era una donna semplice e umile, nonostante il grande successo – ha aggiunto -. Aveva una naturale tendenza a camminare dal lato assolato della strada, parafrasando le parole di Louis Armstrong, che amava molto». Esprimere e comunicare la gioia di vivere: era dunque questo il suo più grande talento. «Si era definita “regista del buonumore” e stimava molto Papa Francesco perché, diceva, con la sua simpatia è in grado di arrivare al cuore delle persone».

Prima il teatro, poi la radio, il cinema di scuola felliniana e, infine, la tv: quella di Lina Wertmuller, premio Oscar alla carriera nel 2020, è stata una personalità forte, instancabile capace di scardinare vecchi stereotipi e indagare l’animo umano. «La sua esistenza – ha concluso don Insero – può essere sintetizzata nella frase con cui si chiude “Otto e mezzo” di Fellini (di cui fu assistente nel set, n.d.a) e si apre la sua autobiografia: “La vita è una festa, viviamola insieme”».

Nella foto, la figlia di Lina Wertmuller Maria Zulima Job con Alessandro Santon e Massimo Wertmuller

Con gli occhi commossi dietro alle mascherine, i ricordi personali degli affetti più cari. «Lei si porta via i miei ricordi più belli – ha confessato il nipote Massimo Wertmuller -. Oggi si piange il suo genio, ma anche un modo di vivere e di essere da grande intellettuale: una figura che in questo periodo manca molto. Avrei voluto avere anche una cellula sola con l’occhialetto bianco», ha aggiunto, ricordando l’emblema che per anni l’ha contraddistinta. Ad aprire le testimonianze di amici e colleghi, la produttrice Caterina D’Amico, che ha condiviso insieme alla regista il periodo in cui fu commissario straordinario al Centro Sperimentale di Cinematografia dal 1988 al 1993: «Ha portato la vita e il cinema in un luogo che allora sembrava un distaccamento dell’Inps, cercando disperatamente di coniugare l’anarchia con la disciplina».

Una commossa gratitudine è stata espressa anche da Rita Pavone, che da giovanissima lavorò insieme a Wertmuller nello sceneggiato televisivo Rai “Gian Burrasca”: «È stata la mia mamma artistica, aveva un carattere spumeggiante». Anche per Giancarlo Giannini – che ha girato insieme alla regista ben nove pellicole, compresa “Pasqualino settebellezze” – è stata una maestra: «Con lei ho fatto i miei film più belli, mi ha forgiato – ha dichiarato -. Sarei rimasto un perito elettronico se non l’avessi conosciuta». Al termine della celebrazione poi un lungo applauso tributato da una folla composta ha salutato per l’ultima volta un’artista che con leggerezza e libertà ha lasciato un segno perenne nella cinematografia italiana e internazionale.

13 dicembre 2021