Il Colosseo torna a illuminarsi contro la pena capitale

Anche Roma tra le 2.402 città – tra cui 70 Capitali – che aderiscono alla campagna Città per la vita, lanciata 21 anni fa da Sant’Egidio, in occasione della Giornata mondiale. Marazziti: «Basta con la morte, in un momento storico in cui è tornata così familiare»

Stasera, 30 novembre, alle 18 il Colosseo si illumina per dire di “no” alla pena capitale in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, nell’ambito della campagna Città per la vita – Città contro la pena di morte (Cities for life), lanciata 21 anni fa dalla Comunità di Sant’Egidio, che trasmette in streaming l’appuntamento sul suo sito internet e sul canale YouTube. L’evento, al quale negli anni hanno aderito sempre più città arrivando a 2.402, tra cui 70 Capitali nei cinque continenti, è stato anticipato da una conferenza internazionale svoltasi ieri sera, 29 novembre, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio.

«Nel 2022 il numero delle esecuzioni capitali registrate nel mondo è tornato a crescere, per il terribile contributo, soprattutto, di tre Paesi – ha detto Mario Marazziti, della Comunità di Sant’Egidio -. Le esecuzioni in Iran sono salite da 314 nel 2021 a 576 nel 2022; in Arabia Saudita, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022 mentre l’Egitto ha ucciso, dopo un processo, 24 persone. Sono state 883 le esecuzioni capitali nel 2022. Nei primi 8 mesi di quest’anno 538 e parliamo dei dati noti, che non comprendono Cina e Vietnam», ha osservato. Un barlume di speranza è offerto dal numero crescente degli Stati che non fanno più ricorso alla pena di morte. Nell’ultimo anno è stata abolita in Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone.

«Basta con la morte, in tutte le sue forme», il grido che si è levato dal Campidoglio. Basta specie in un momento storico «in cui la morte è tornata così familiare – ha proseguito Marazziti -: la morte del nemico rappresentato come un sotto-umano da fare esplodere e da annientare, in guerre in cui le vittime civili sorpassano di gran lunga quelle degli eserciti e dei combattenti, dove non basta nemmeno essere bambini per non diventare un bersaglio militare e un’arma di scambio e di ricatto». Da Roma la Comunità di Trastevere ha lanciato un appello al presidente americano Joe Biden a commutare tutte le sentenze capitali negli Stati Uniti e ha ripetuto quello al governatore dell’Alabama Kay Ivey per evitare la condanna a morte di Kenneth Smith, detenuto da 34 anni, per il quale a suo tempo la giuria si era espressa per una pena diversa.

«Chiediamo a tutti i politici responsabilità e chiediamo di abbassare i toni – ha concluso Marazziti -. Siamo in tempo per umanizzare la vita nelle carceri e pensare al loro superamento, anziché immaginare nuove pene sempre più lunghe in luoghi che due volte su tre producono soltanto recidive, disumanizzano invece di far crescere il gusto di appartenere alla stessa comunità». Quello della pena di morte è un tema «drammatico che richiede un impegno costante», ha dichiarato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, per il quale il 30 novembre «non deve diventare una delle tante Giornate che si celebrano abitualmente ma un momento di consapevolezza e di battaglia culturale e civile che ricordi al mondo l’orrore e l’insensatezza della pena di morte, la sua profonda opposizione con i valori e con i principi che mettono al centro la dignità della persona. La pena è giusta, necessaria – ha affermato -, quando serve deve essere severa ma mai deve violare la sacralità della vita e deve sempre consentire un percorso di rieducazione».

Le minacce ricevute non fermano l’attivista Suzana Norlihan, della Malesia. Nel 2009 il fratello fu condannato a morte e in carcere si è ammalato gravemente. «Le statistiche – ha detto – dimostrano l’inefficacia della pena capitale per combattere il crimine. Bisogna promuovere programmi di riabilitazione». Ha ricordato che dall’aprile scorso il Parlamento della Malesia ha escluso l’obbligatorietà della condanna a morte per 12 reati, «ma i giudici continuano a infliggerla». Gary Drinkard ha raccontato dei 6 anni trascorsi da innocente nel braccio della morte dell’Alabama, invitando ad «azioni collettive contro la pena di morte perché non si tratta della vita di un solo uomo ma di tanti». Nel 2022 la Repubblica centroafricana ha abolito la pena di morte e oggi «è in prima fila per chiedere ad altri paesi di cancellarla – ha testimoniato Emile Nakombo, sindaco di Bangui -. È una scelta che parte dal cuore».

30 novembre 2023