Il Settimanale de L’Osservatore Romano in edicola oggi, giovedì 13 luglio, riporta l’attenzione sul caso del piccolo Charlie Gard, sul quale proprio oggi tornerà a esprimersi l’Alta Corte inglese, con un editoriale firmato da Lucetta Scaraffia. «“Mentre da più parti ci si è mobilitati per impedire o quanto meno allontanare il momento della morte del piccolo Charlie Gard, caso tragico ma lontano dall’eutanasia – si legge nel testo -, nel silenzio più assoluto neonati giudicati gravemente malati vengono abitualmente uccisi». Il riferimento è a una pratica disciplinata nel 2005 dal medico olandese Eduard Verhagen, che ha ispirato il cosiddetto protocollo di Groningen, spiega Scaraffia, «secondo il quale la possibilità di intervento si estende anche a una vera e propria eutanasia per bambini che “possono avere una qualità di vita molto bassa, senza prospettiva di miglioramento”».

Proprio il concetto – «estremamente vago» – di qualità della vita dunque «si apre a varie possibilità, che oltrepassano largamente l’accanimento terapeutico. Anche se nei Paesi Bassi l’eutanasia è legale, e a partire dai dodici anni, questo protocollo, elaborato nell’ospedale universitario di Groningen e approvato poco dopo dall’Associazione olandese di pediatria, non è stato votato come legge», si legge ancora nel testo. Scaraffia precisa che «chi lo mette in atto può venire legalmente perseguito, ma di fatto questo non avviene perché i tribunali olandesi finora si sono espressi sempre a favore dei medici che hanno compiuto atti eutanasici, anche su neonati».

Per Scaraffia, «lo status di illegalità delle pratiche spiega però come mai non sia possibile scoprire il numero dei bambini sottoposti a questo procedimento. Questo succede perché – commenta – in fondo l’opinione pubblica è in gran parte favorevole al protocollo, e lo accetta anche se non è legalizzato». Proprio per questo allora «l’ondata di solidarietà e di protezione che il caso di Charlie Gard ha suscitato – conclude – non deve esaurirsi in un momento di isolata se pure intensa commozione, ma diventare un’occasione per denunciare casi ancora più gravi. In modo da indurre i responsabili a riflettere sulla gravità di quello che accade sotto i loro occhi, in un’illegalità non solo tollerata ma perfino giustificata».

13 luglio 2017