Il cardinale Vallini tra i rom di Castel Romano: «Basta pregiudizi»

Il vicario del Papa in visita al campo lungo la via Pontina. «Grande sofferenza nel vedere tante persone, soprattutto bambini, in un degrado inaccettabile»

Il vicario del Papa in visita al campo lungo la via Pontina. «Grande sofferenza nel vedere tante persone, soprattutto bambini, in un degrado inaccettabile»

Lontano dalla città, circondato da mura di cinta. Distanze e barriere separano il campo rom di Castel Romano dalla Capitale. Lungo la Pontina, le lancette si fermano al ventiseiesimo chilometro. In quel punto è stata affissa un’insegna con su scritto “I am here”. Non una semplice indicazione (“Io sono qui”). Molto di più: quasi un messaggio, che gli abitanti del campo hanno rivolto ieri, martedì 12 luglio, al cardinale vicario Agostino Vallini, atteso proprio sotto quel cartello. Una visita durata più di tre ore, quella del cardinale, tra le vie fangose e le baracche rattoppate con legno e nastro adesivo. Una visita che trova la sua sintesi nelle parole di Vallini: «Il riscatto parte dall’impegno di chi vive in questi campi, facendo in modo che non si trasformino in discariche – ha detto -, ma le istituzioni e gli altri cittadini devono liberarsi dai preconcetti e dai pregiudizi».

vallini_castelromano_4Li combattono da tanto tempo anche i volontari della Comunità di Sant’Egidio e di alcune parrocchie che affiancano giorno per giorno chi vive nelle baracche dell’area, veri e propri container differenziati tra di loro da un numero segnato con un pennarello ma accomunati dal degrado. Ieri c’erano anche loro ad accompagnare il vicario del Papa per la diocesi di Roma tra i viali del campo. Una grande folla attorno. E lui che accarezza il volto dei bambini e chiede: «Quale scuola frequenti? Sei stato promosso?». Sorridono e annuiscono. Gli corrono vicino. Sarah, 7 anni e due occhioni verde smeraldo, gli resta accanto. Il cardinale le stringe la mano, mentre è attratto da una foto che gli mostra Ferid, 60 anni e sette figli. In Italia dal ’92 a causa della guerra civile nell’ex Jugoslavia, ha rischiato di morire nella sua baracca per un incendio che l’ha distrutta mentre dormiva. «Sono riuscito a uscire vivo solo perché la puzza di bruciato mi ha svegliato», racconta. Quella fotografia per lui è come un vessillo. Lo ritrae vicino al cardinale Vallini durante una sua visita nel campo di Tor de’ Cenci, che ha dovuto lasciare dopo lo sgombero. Da allora dice di aver perso il lavoro, adesso chiede un aiuto per poter vivere in città. Ottenere un alloggio popolare è un sogno di tanti e qualcuno l’ha già chiesto, come Erdo, vent’anni e il desiderio di sfuggire a una baracca in fondo al campo, dove le impronte di fango sui legni accatastati l’uno sull’altro tracciano i percorsi del giovane. E lì entra anche Vallini. Il ragazzo gli chiede di benedirla, lui accetta con un sorriso e resta a parlargli in disparte.

vallini_castelromano_2Tra un container e l’altro cataste di rifiuti, tra i quali sgusciano i topi. Poco lontano giocano dei bambini a piedi scalzi. Davanti alle baracche, brandine e materassi coperti di polvere. Ci sono anche due pecore che non tacciono. In realtà, forse le pecore sono più di due e per loro è venuto il pastore. «Vedendo questo degrado sento il bisogno di dire una parola da pastore per il bene di tutti», spiega Vallini. Così a chi gli stringe la mano spiega l’importanza di ripulire il campo dai rifiuti, a chi tiene la luce accesa di giorno dice che bisogna spegnerla. Come un pastore, ascolta, dispensa consigli e non indietreggia neppure davanti a chi mostra rabbia per l’emarginazione subita. Anzi, invita a reagire: «Difendetevi con la vostra dignità», ribadisce. Al termine della visita ha rivelato di aver «avvertito grande sofferenza nel vedere tante persone, genitori e soprattutto bambini, in una condizione di degrado inaccettabile. Ho visto però – ha sottolineato – anche la volontà di riscatto e il loro desiderio di superare questa condizione. Si sentono abbandonati ed è vero che sono abbandonati. Quindi dobbiamo prenderci carico di loro». A chi vive in quell’area il cardinale ha chiesto «l’impegno di fare in modo che il campo non sia una discarica a cielo aperto per colpa loro. Ho parlato chiaro, con affetto e rispetto, ma anche impegnandoli a invertire questa tendenza per il bene dei figli». Durante la visita al fianco del cardinale è rimasto monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni: «È stato un momento di incontro importante, un tuffo nella realtà spoglia da pregiudizi. Il nostro impegno è costante perché le condizioni di vita di chi sta nel campo migliorino assieme ai suoi comportamenti».

vallini_castelromano_3Delle esigenze dei più piccoli si occupano in particolar modo i volontari. Osservano le loro condizioni di salute, creano un contatto col medico, si preoccupano se non frequentano la scuola. Spesso i bambini sono affetti da malattie della pelle a causa della scarsa igiene. A dar man forte un giorno ogni settimana sono i medici del Bambino Gesù col loro camper. Per gli adulti, invece, la Comunità di Sant’Egidio mette a disposizione alimenti e vestiti, ma anche assistenza legale. Come quella offerta dall’avvocato Alexia Paolino, che ha chiesto all’amministrazione comunale una serie di interventi di ristrutturazione dei container e di allaccio di luce e acqua. Interventi negati, perché il terreno in cui è stato allestito il campo risulta essere privato, come ormai noto dopo lo scandalo di Mafia Capitale. Altri volontari che fanno capo alle parrocchie sono, invece, impegnati nell’assistenza individuale di alcune famiglie. Le aiutano a superare le difficoltà alimentari e non solo: «Abbiamo donato loro una nuova tenda dopo che la vecchia era stata rovinata dai topi», raccontano il diacono Luigi Luconi e Raffaele Plutino della parrocchia Santa Giovanna Antida. Adesso lì vicino non ci sono cataste di rifiuti, ma a terra restano frammenti di vetro sparsi come le speranze di chi sogna una vita diversa.

13 luglio 2016