Il cardinale Reina: alla scuola di Maria, per «tuffarci tra le braccia di Dio»
Nella basilica lateranense la prima Messa del vicario da cardinale, nella solennità dell’Immacolata. Ai sacerdoti e diaconi: «In mezzo a voi come pellegrino di speranza»
È nella «bellezza di Maria, giovane donna che è libera, ma di quella libertà che non si realizza dicendo no a Dio», che il vicario del Papa per la diocesi di Roma Baldo Reina, creato cardinale da Francesco nel concistoro di sabato 7 dicembre, ha individuato il paradigma da seguire per restaurare «il dialogo drammaticamente interrotto dai progenitori», recuperando noi per primi tale dimensione dialogica con Dio «dentro il mistero della libertà».
Presiedendo questa sera, 8 dicembre, la prima Messa da cardinale in una gremita basilica di San Giovanni in Laterano in occasione della solennità dell’Immacolata, il porporato ha infatti presentato i 4 punti che, alla luce del Vangelo dell’Annunciazione, mostrano «i passaggi più significativi della relazione» col Padre fondata sugli «elementi essenziali della fede e dell’autentica libertà». Tra i concelebranti, il vicegerente e vescovo eletto Renato Tarantelli, i vescovi ausiliari Paolo Ricciardi, Benoni Ambarus, Daniele Salera e Michele Di Tolve, il vicario capitolare della basilica Guerino Di Tora e il vescovo Paolo Selvadagi.
Nella sua omelia, in primo luogo Reina ha sottolineato che è necessario «imparare a guardarci come Dio ci guarda», ossia essendo capaci di riconoscere «lo sguardo che ha Dio su ciascuno di noi, che non è condizionato dal peccato o dai limiti: noi per Lui non siamo i peccati che facciamo; noi siamo pieni di grazia, perché creati da Lui, a sua immagine e somiglianza». Allora, ha continuato il cardinale, come Maria «anche noi siamo pieni di grazia perché Dio non ha smesso di amarci e non lo farà mai» e «avere questo sguardo su noi stessi ci aiuta ad avere lo stesso sguardo sugli altri – ha osservato ancora -: anch’essi sono portatori di bene e di speranza e anche se qualche volta sbagliano o ci fanno soffrire non smettono di essere pieni di grazia e noi come l’angelo glielo dobbiamo ricordare, dobbiamo farlo riaffiorare».
In secondo luogo, ciascuno è invitato, come Maria di fronte alle parole dell’angelo, a «fare spazio al progetto che Dio ha su di noi», che per Reina equivale a «imparare a fare spazio a Dio, a comprendere che i suoi progetti su di noi non sono assurdi, sono semplicemente più grandi dei nostri orizzonti; che Dio non vuole annullare i nostri desideri, semplicemente li vuole rendere più grandi e più belli; non vuole mortificare il nostro cuore ma lo vuole liberare. Non vuole annullare il nostro desiderio di futuro, semmai lo vuole rendere possibile». Allora, come Maria, il cui progetto Dio «non annulla ma lo dilata», sono ancora le parole del porporato, «essere immacolati per noi significa credere che la grandezza di Dio si può realizzare anche dentro la nostra miseria».
Ciò è possibile, ha spiegato quindi Reina illustrando il terzo punto, imparando «a capire su chi possiamo contare» poiché «non possiamo immaginare di realizzare il progetto che Dio ha su ciascuno di noi puntando sulle nostre forze o sulle nostre capacità» bensì «l’unico modo che abbiamo è quello di confidare sulla potenza di Dio, lasciandogli campo libero nella nostra vita» perché, ha sottolineato con forza il vicario, «riconosciamolo una volta per tutte: da soli non ce la facciamo e non ce la faremo mai; solo con Dio noi faremo cose grandi; solo con Lui annienteremo il nemico; solo con il Suo amore riscalderemo il mondo». Infine, dunque, l’invito all’affidamento, che, come è stato per Maria, ci fa «imparare a tuffarci totalmente tra le braccia di Dio», ha sottolineato Reina. «L’eccomi di Maria, che non ha mai indietreggiato perché si è fidata di Dio e ha fatto sgorgare dal cuore il suo “Io sono qui. So che tu ci sei”, diventa la cifra di ogni esperienza credente – ha detto il porporato -. Essere immacolati significa affidarsi totalmente a Dio in ogni momento, mettere tutto tra le Sue mani e permettere che sia Lui a guidare la nostra vita».
Lo stesso “Eccomi” Reina ha detto di essere pronto a «rinnovare a ogni istante, soprattutto quando le preoccupazioni o le prove vorranno prendere il sopravvento o quando non capirò il senso di tante cose», sentendo «la responsabilità di quanto mi è stato affidato, chiamato a servire la Chiesa di Roma come vicario del Santo Padre, che ringrazio per la sua paternità e il suo sostegno, per me un costante punto di riferimento, e da ieri come membro del collegio cardinalizio».
In conclusione, il porporato ha espresso gratitudine per la diocesi di Roma «che mi ha accolto subito con affetto» e per tutti «i preti e i diaconi che servono questa Chiesa: mi pongo in mezzo a voi come pellegrino di speranza», ha detto. Sentito il “grazie” del presule per i familiari e gli amici del suo paese di origine, San Giovanni Gemini, e la sua diocesi di provenienza Agrigento, «a partire dal vescovo e dai pastori che ho avuto nel mio cammino», così come per «i tanti amici di quella città dove ho trascorso la maggior parte dei miei anni: da ognuno ho imparato e ricevuto qualcosa».
Nutrito il numero di parenti e amici del nuovo cardinale giunti dalla Sicilia. «Per noi questa nomina è una grazia, qualcosa di meraviglioso», hanno detto a margine della celebrazione le cugine di Reina Enza e Carmela. Emozionata la mamma Maria che, consapevole «dell’incarico delicato che gli è stato affidato», si è detta «felice per come le persone qui a Roma lo hanno accolto». Per Alessandro Di Giacomo, originario del paese natale di Reina, «è inevitabile volergli bene perché è una persona semplice che, come si dice da noi, quando passa lascia un buon profumo».
8 dicembre 2024