Il cardinale Filoni: «L’ospedale, spazio di sofferenza e di speranza»

La Messa presieduta nell’ospedale San Giovanni, in occasione della festa di san Camillo de Lellis. «La pesantezza del lavoro non oscuri l’umanità»

«Un ospedale è sempre uno spazio di sofferenza, di speranza e di esercizio delle capacità professionali. Un ospedale non potrà mai essere un luogo semplicemente di lavoro come tanti altri». Il cardinale Fernando Filoni, gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, lo ha sottolineato con forza ieri sera, 14 luglio, presiedendo nell’ospedale San Giovanni la Messa in occasione della festa di san Camillo de Lellis, patrono degli ammalati e degli operatori sanitari. «In questo luogo di cura, come in ogni ospedale – ha detto -, si concentrano due sfide: quella della salute dell’infermo e quella di chi si dedica a vincere le patologie che lo affliggono». Quindi, un monito: «Qui la vita, che ci è stata data in dono, o recupera, per la vostra professionalità, la sua carica di fiducia per essere vissuta con dignità, o diviene un sito di formalismo professionista, percepito magari con freddezza e distacco».

Nell’omelia del cardinale anche un riferimento all’emergenza sanitaria in atto. «A nessuno – ha ricordato – sono sfuggite le lacrime e le parole di quanti nei giorni scorsi, davanti all’impotenza di curare gli innumerevoli pazienti ricoverati per Covid-19, si sono lasciati andare a emozioni di alta sensibilità umana e spirituale. Mai – ha aggiunto – si potranno dimenticare la tristezza di chi non vede il proprio caro tornare a casa, l’ansia di chi attende un controllo medico o la gioia di chi è guarito». Di qui l’esortazione: «La pesantezza del lavoro, e a volte anche una certa ripugnanza che la cura di un infermo comporta, non possono oscurare l’umanità e l’alto senso del dovere di cui è portatore ogni medico e cooperatore sanitario».

Ancora, Filoni ha speso parole per omaggiare il servizio di medici e operatori sanitari. «Voi – ha detto – siete gli alleati privilegiati del Creatore che continua dinamicamente l’opera creatrice – è il monito -. In questa grande battaglia tra la vita, l’infermità e la morte, il medico e l’operatore sanitario non possono non essere dalla parte della vita». Da ultimo, ha ribadito che «se a un ospedale si togliesse o si riducesse il senso umanitario e la sua carica di amore in riferimento all’infermo, allora lo ridurremmo a luogo di affari, di conti economici, di business, di un professionalissimo freddo; e in alcuni casi di recente ne abbiamo visto le conseguenze.

16 luglio 2020