Il beato Alberione torna in mezzo al popolo di Dio

L’urna con il corpo del fondatore della Famiglia paolina trasferita nella chiesa superiore di Santa Maria Regina degli Apostoli. La Messa con De Donatis

Il beato Giacomo Alberione torna in mezzo al popolo di Dio nel luogo in cui si raduna ogni domenica per celebrare la Messa, affinché in tanti possano conoscerlo e invocarlo. Ieri sera, 1° novembre, nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità di Tutti i Santi, l’urna contenente il corpo del fondatore della Famiglia paolina è stata trasferita nella chiesa superiore del santuario di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola. In occasione del 50° anniversario della morte del sacerdote, deceduto a 87 anni il 26 novembre 1971, il corpo ha lasciato la sottocripta per essere posizionato sull’altare dedicato a Gesù Maestro, «perché sia più vicino al popolo e perché la sua intercessione possa essere ancora più forte per tutti», ha detto il cardinale vicario Angelo De Donatis presiedendo la Messa solenne. Una decisione presa per rimarcare che don Giacomo Alberione non appartiene solo alla Famiglia Paolina – composta da cinque congregazione religiose, quattro istituti di consacrati secolari e un’associazione di laici – «ma a tutta la comunità ecclesiale, così come il suo carisma», ha spiegato il superiore generale della Società San Paolo don Valdir José De Castro, aggiungendo con il sorriso che come Papa Francesco auspica una Chiesa in uscita, «anche il fondatore è in uscita per essere accanto al suo popolo». Tanti i sacerdoti concelebranti tra i quali il parroco e superiore provinciale d’Italia dei Paolini, don Gerardo Curto, e il postulatore generale della Famiglia Paolina don Domenico Soliman.

Il Vangelo proposto dalla Chiesa per la festività di Tutti i Santi è quello delle Beatitudini evangeliche e don Alberione, ha affermato il cardinale De Donatis, aveva «meravigliosamente» intuito che la povertà «offerta da Gesù come beatitudine è un orizzonte, una condizione favorevole, una sorta di segreto di riuscita». Ai cristiani, ha proseguito il porporato nell’omelia, «non è chiesto di diventare migliori, più competenti, ma di abbracciare la prima beatitudine» insegnata da Cristo. In quel “beati i poveri”, scriveva don Alberione, «è racchiuso l’incipit della santificazione della mente e quindi di un modo di vivere a misura del Vangelo». Attraversiamo un momento storico che «ci sta rendendo poveri e fragili», ha osservato il vicario del Papa per la diocesi di Roma, aggiungendo che è inutile «nascondersi dietro un dito» ma bisogna riconoscere che le vocazioni sono pochissime, persiste, tra le altre, la crisi dell’editoria, c’è una «stanchezza diffusa, spesso accompagnata da mancanza di speranza, e non da ultima la pandemia. Senza contare la fatica di trovare consacrati buoni e fedeli che accettino di portare la croce della responsabilità». Ma questa non è la povertà evangelica che appartiene invece al credente consapevole che solo Dio salva e, aggrappato a questa fiducia, scaccia «il mondo degli orgogliosi e dei potenti, che al contrario esclama a gran voce: salva te stesso», ha proseguito De Donatis. Quindi l’invito ai religiosi e alle religiose a non cedere a questa tentazione perché si può essere «pochi, anziani, pieni di sfide da non sentirsi più all’altezza, ma non bisogna smettere mai di essere persone di fede che si abbandonano nelle braccia di Dio».

La perdita dello scopo e la professionalizzazione eccessiva sono altre tentazioni che possono insidiare le famiglie religiose, ha avvertito il porporato. Non bisogna «confondere il mezzo con il fine». Lo scopo della famiglia Paolina è diffondere il messaggio di santità con ogni mezzo di comunicazione. Il beato Alberione «voleva che i suoi fossero non solo editori ma anche scrittori – ha sottolineato De Donatis -, impegnati non solo a far conoscere la santità degli altri ma a comunicare la propria». Riflettendo sul rischio dell’eccessiva professionalizzazione ha spiegato poi che «bisogna essere competenti, fedeli, intraprendenti nell’apostolato, senza però cadere nell’illusione di pensare che il problema della missione dell’apostolato si risolva acquisendo competenze sempre nuove e all’avanguardia. La vera professionalità risiede nel santificare la mentalità per giudicare la storia e il mondo alla luce della Sapienza divina e per acquisire questa mentalità bisogna meditare la Parola e pregare».

La liturgia di ieri ha dato il via a una serie di celebrazioni che culmineranno il 26 novembre con l’inaugurazione del Museo Don Alberione nella Casa generalizia della Società San Paolo e con la Messa nella basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi.

2 novembre 2021