I volti della “Generazione Z”, nel viaggio dall’infanzia all’età adulta

Dedicata agli adolescenti l’apertura dei percorsi per educatori organizzati dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile. Paola Bignardi (Istituto Toniolo): capaci di “cura” e iperconnessi, cercano adulti «di sostegno»

Un milione e 200mila nel mondo, ovvero il 18% della popolazione mondiale, poco meno di 600mila in Italia. Sono gli adolescenti o la “Generazione Z”: quei giovani dai 10 ai 19 anni che vivono l’età di transizione dall’infanzia all’essere adulti. Proprio a loro all’inizio del Sinodo dei vescovi sui giovani il Servizio diocesano per la pastorale giovanile ha scelto di dedicare l’incontro di apertura dei percorsi formativi per educatori di quest’anno, che ha avuto luogo questa mattina, 4 ottobre, presso  la Curia generalizia delle Suore Missionarie della Scuola, sull’Appia Antica.

Al centro della mattinata, l’intervento di Paola Bignardi, coordinatrice dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, che ha presentato i risultati di un’indagine condotta su 6mila  ragazzi nati a partire dal 2000, raccolti nel libro “Generazione Z” edito da Vita e Pensiero. Primi veri “nativi digitali”, frequentano 36 scuole distribuite sul territorio nazionale e hanno raccontato i loro sogni, desideri e progetti riletti dai curatori alla luce del “Positive Youth Development”: un metodo di analisi innovativo che sposta lo sguardo sulle risorse positive che gli adolescenti possono immettere nei loro contesti di vita.

Paola Bignardi
Paola Bignardi

«Generalmente genitori, insegnanti ed educatori guardano all’adolescenza – ha chiosato Bignardi – come a un periodo critico a cui sopravvivere», invece «pur essendo indubbiamente un’età difficile è anche un tempo di ricchezza: porre attenzione solo agli aspetti problematici è controproducente». Il vero processo educativo «si attua a partire dalle risorse delle persone mediante un approccio positivo capace di cogliere le potenzialità». I risultati dello studio rivelano infatti che gli adolescenti sottoposti all’indagine «hanno elevati livelli di “caring”, la capacità di mettersi nei panni degli altri, ribaltando l’immagine tradizionale che li vede egocentrici e insensibili ai bisogni dei coetanei». Ancora, risultano «in grado di riconoscere e rispettare l’importanza delle norme e dei valori sociali», dimostrando anche «una buona percezione delle proprie risorse e competenze specie in ambito scolastico e sportivo».

Dalla rilevazione emerge una chiara distinzione tra il profilo maschile e quello femminile dell’adolescente: «È tutto più complicato per le ragazze – ha illustrato ancora Bignardi –  che sono più insoddisfatte ed esigenti con loro stesse mentre i ragazzi possiedono maggiore autostima e vivono più serenamente le relazioni, specialmente in famiglia». Altro dato evidente è l’iperconnessione: «88 adolescenti su 100 utilizzano quotidianamente dispositivi digitali per navigare in rete per circa 3 ore e mezza» e alla domanda su che cosa rappresenti la possibilità e l’esigenza di “andare on line” «oltre il 38% parla di un buco della serratura da cui spiare il mondo degli altri, in particolare dei personaggi famosi».

Bassa la consapevolezza sui lati insidiosi della rete, come hate speech, trolling, sexting, cioè l’invio di messaggi, testi e immagini sessualmente espliciti: «Il 22% degli adolescenti coinvolti nello studio ritiene che vada bene inviare le proprie foto, ma non quelle di altri, mentre il 3,7% afferma che sia opportuno inoltrare questo genere di immagini, ma solo se non si è i primi a farlo» ha riferito Bignardi.

Alla luce dei dati raccolti, l’esperta ha tracciato quindi delle linee guida per educatori, pastorali e non, a partire da alcune considerazioni di carattere pedagogico. In primo luogo, chi educa «deve essere supportivo ossia di sostegno all’adolescente nella stesura di un progetto di vita che necessita di scelte talvolta anche difficili e che devono condurre al riconoscimento del valore del limite e della privazione» perché sono «condizioni privilegiate per vivere la dimensione del desiderio e, poi, della realizzazione dello stesso, con la conseguente sperimentazione della forza della gioia».

Da ultimo, sono state presentate alcune esperienze positive di accompagnamento dell’età adolescenziale, a partire dal vissuto di chi ce l’ha fatta con successo. Bignardi ha presentato i risultati di una ricerca fatta su educatori alla fede di giovani. «Funzionano le relazioni che accompagnano senza creare legami di dipendenza – ha spiegato – e la condivisione di esperienze forti, che lasciano il segno, soprattutto nell’aiuto all’altro». Inoltre è efficace l’ascolto attivo, «perché gli adolescenti hanno tante domande ma poche occasioni e poco coraggio per porle». Privilegiati allora i contesti non formali, come quello parrocchiale, perché permettono il confronto anche con giovani-adulti vicini al vissuto dell’adolescente, oltre che con gli educatori, che «sempre più devono sapersi fare compagni di viaggio, maestri ma anche discepoli insieme – ha concluso don Antonio Magnotta, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile del Vicariato di Roma -. Questo vuole essere lo spirito del nostro servizio e della proposta formativa che intendiamo offrire alle prefetture della diocesi».

4 ottobre 2018