I vescovi spagnoli: davanti alla pandemia, «rafforzare la comunione»

Aperta dal discorso del cardinale presidente Juan José Omella la plenaria della Conferenza episcopale. «Attivata moltitudine di forze tese al bene»

Si è aperto con un pensiero ai defunti per Covid-19, ai loro familiari e a quanti stanno soffrendo per le conseguenze anche economiche, sociali, lavorative della pandemia il discorso inaugurale del cardinale presidente dei vescovi spagnoli Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona, che ha aperto ieri pomeriggio, 16 novembre, l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola (Cee). I presuli hanno partecipato in parte in presenza nella sede della Cee a Madrid e in parte in collegamento on line. «Questo coronavirus – le parole del porporato – ha provocato un tornado che, se, da un lato, sta catalizzando tutti i mali della nostra epoca, dall’altro sta anche provocando l’attivazione di una moltitudine di forze tese al bene, che vogliamo incoraggiare e favorire da qualsiasi parte vengano».

L’invito dell’arcivescovo di Barcellona è a «non permettere al virus di infettare le nostre anime con l’egoismo e la tentazione di dire “si salvi chi può”. È – ha continuato – che la pandemia continui ad aprire i nostri cuori e i nostri occhi verso i senza dimora, coloro che soffrono da soli, gli immigrati e i rifugiati bloccati alle frontiere, le donne vittime di tratta e prostituzione, i detenuti». In Spagna e non solo. Pur essendo grande «il dolore nel nostro Paese», ha aggiunto infatti, «vogliamo seguire con attenzione e impegno i luoghi della Terra dove più si sta soffrendo questa e altre pandemie, come la violenza, la fame, il razzismo e la deforestazione in Amazzonia».

Nelle parole del cardinale anche l’omaggio ai tanti professionisti, «tra cui molti cattolici», che di fronte all’emergenza Covid si sono spesi nel servizio, «fino al dono della vita». Allo stsso modo Omella ha ricordato anche «l’impegno di sacerdoti, religiosi e laici, che hanno offerto, nei limiti del possibile, assistenza spirituale ai malati e alle famiglie» e il lavoro della Chiesa al fianco delle istituzioni pubbliche e private per il bene di tutti i cittadini, come pure le iniziative di parrocchie e reti del bene. «La Chiesa – ha detto – ha moltiplicato esponenzialmente la sua attenzione alle persone e alle famiglie vulnerabili attraverso la Caritas e la numerosa rete di organizzazioni promosse da ogni tipo di istituzioni e comunità cristiane». Ora, di fronte alla seconda ondata della pandemia, «la Chiesa deve impegnare tutte le sue energie per creare speranza – è l’esortazione -. La situazione in cui viviamo sta sottoponendo la società a uno stress intenso che esacerba le differenze tra l’una e l’altra. Di fronte al rischio che emerga il risentimento e la divisione, dobbiamo rafforzare la comunione per vincere questa sfida, che non è solo sanitaria ma anche economica, sociale, politica e spirituale». Di qui l’invito a «un’economia più umana» e a «migliorare la cultura politica e pubblica».

17 novembre 2020