I santi Pietro e Paolo, modello di unità e «profezia»

All'Altare della Cattedra la Messa presieduta da Francesco per la solennità dei santi apostoli patroni di Roma. «Il mondo oggi ha bisogno di vite che manifestino il miracolo dell'amore di Dio». La benedizione dei palli per i nuovi arcivescovi

Non parole ma fatti. Nella società post Covid-19 non c’è spazio per le lamentele, gli insulti, i giudizi ma bisogna prodigarsi nel servizio al prossimo e per custodire l’unità con la preghiera «prima di tutto a favore di chi governa», il cui operato sarà giudicato da Dio. In estrema sintesi si può riassumere in queste parole l’omelia di Papa Francesco nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, martirizzati, secondo la tradizione, il 29 giugno 67. In modo incisivo, Bergoglio ha intimato il silenzio a chi proclama di volere una Chiesa profetica e di iniziare a servire, perché il mondo oggi non ha bisogno di «teoria ma di testimonianza» e avverte la necessità «di vite che manifestino il miracolo dell’amore di Dio». Il vescovo di Roma ha invitato alla coerenza, alla preghiera e al servizio per contrastare la potenza, le parole e i proclami.

Prima di recarsi all’Altare della Cattedra, nella basilica vaticana, Francesco ha sostato qualche istante in preghiera davanti alle spoglie di Pietro, avvertendo «nel cuore» la vicinanza dell’«amato fratello» Bartolomeo, patriarca di Costantinopoli. A causa delle restrizioni introdotte per contenere la diffusione del virus, era infatti assente la delegazione del Patriarcato ecumenico. Non accadeva dal 1967. Da quella data ogni anno una delegazione del Patriarcato si reca a Roma il 29 giugno e una vaticana ricambia la visita andando a Istanbul il 30 novembre per la festa di sant’Andrea.

Primo atto della celebrazione eucaristica, la benedizione dei palli, simbolo di unità con il pontefice, conferiti al decano del Collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, e ai 54 arcivescovi nominati durante l’anno, tra i quali due italiani, i monsignori Giuseppe Baturi e Marco Tasca, rispettivamente arcivescovi di Cagliari e di Genova. Il paramento liturgico – realizzato nel monastero di Santa Cecilia dalle monache benedettine con la lana degli agnelli benedetti il 21 gennaio, festa di Sant’Agnese – verrà imposto a ciascun arcivescovo dal rappresentante pontificio nella rispettiva sede metropolitana.

Papa Francesco, santi Pietro e Paolo

Unità e profezia le parole consegnate da Francesco alla meditazione dei fedeli. Pietro, il principe degli apostoli, e Paolo, detto l’apostolo delle Genti, erano due uomini molto diversi tra loro. Pescatore il primo, fariseo che insegnava nelle sinagoghe il secondo. Tra i due non sono mancate le accese discussioni eppure «si sentivano fratelli – ha osservato il Papa -, come in una famiglia unita, dove spesso si discute ma sempre ci si ama». La preghiera è alla base della loro unione e di quella della prima comunità cristiana che non si disperde a causa delle persecuzioni di Erode. «Dalla preghiera viene un’unità più forte di qualsiasi minaccia», le parole di Bergoglio, il quale ha rimarcato che nonostante il male subito nessuno insultava Erode, al contrario di quanto accade oggi. «È inutile, e pure noioso, che i cristiani sprechino tempo a lamentarsi del mondo, della società, di quello che non va – ha avvertito Francesco -. Le lamentele non cambiano nulla. Se si pregasse di più e si mormorasse di meno, con la lingua un po’ tranquillizzata, come accaduto a Pietro in carcere tante porte che separano si aprirebbero, tante catene che paralizzano cadrebbero».

Soffermandosi sulla profezia, ha avvertito che il mondo ha bisogno «di profezia vera: non di parolai che promettono l’impossibile, ma di testimonianze che il Vangelo è possibile». Ha esortato a non accumulare ricchezze «ma ad amare i poveri» e a prodigarsi per i più vulnerabili. «Abbiamo bisogno della gioia per il mondo che verrà – le parole del Papa -. Abbiamo bisogno di pastori che offrono la vita e non di quei progetti pastorali che sembrano avere in sé la propria efficienza, come se fossero dei sacramenti».

Seppur alla presenza di un ristretto numero di fedeli – circa 90 le persone nei banchi – quella di ieri è stata la prima liturgia dall’inizio dell’emergenza sanitaria alla quale hanno partecipato dieci cardinali concelebranti. Ai lati dell’altare, durante la consacrazione, l’arciprete della basilica di San Pietro il cardinale Angelo Comastri e il cardinale Re. Quest’ultimo, durante un breve saluto, ha messo in evidenza che la Chiesa «in questi mesi si è rivelata ancora una volta amica dei poveri e dei feriti dalla vita» e ha giudicato «felice» l’iniziativa di Francesco di istituire il Fondo Gesù Divino Lavoratore per la diocesi di Roma.

30 giugno 2020