I ragazzi dell’«ignoranza»

Piccola storia di una rivolta scalcagnata ma radicale. Perché tra il prototipo del Ronaldo di turno e il giocatore capitato in serie A in modo incomprensibile come Lasagna, il ragazzo ignorante celebrerà l’epopea del secondo

Qualche giorno fa a scuola, durante l’intervallo, perso sul corridoio tra lo sciame degli studenti all’odore di pizzette e tè in brik, mi sono trovato per caso con gli occhi piantati sulla t-shirt di un ragazzo. Sulla maglietta, semplice e nera, campeggiava a caratteri perentori una sola parola: «ignoranza». Per un istante tutto s’è ammutolito attorno a me, la confusione della ricreazione s’è spenta e mio malgrado mi è venuto prima da sorridere e poi da pensare.

Ho sorriso ovviamente per la scena surreale: la scuola, un liceo per giunta, classico addirittura, magari una lezione sull’aoristo appena terminata e lui lì, sul suo banco, imperturbabile a prendere appunti ma con la sua bella dichiarazione programmatica stampata sulla t-shirt. Subito dopo però ho iniziato a pensarci meglio. Anzitutto la provenienza di quel brand, perché di questo si tratta, assolutamente nota. Chiunque abbia a che fare con adolescenti conosce pagine social come calciatoribrutti, chiamarsi bomber, ignoranzainfinita etc. Si tratta di una presenza sulla rete, di più, di un immaginario magari sconosciuto a qualche adulto ma comunque arcinoto ai più. Ma che cos’è questa benedetta ignoranza? Perché è chiaro come non si tratti del semplice non sapere e che Socrate c’entri poco.

L’ignoranza, intesa come vera e propria weltanschauung, è per oramai almeno due generazioni (quelli degli ultimi Novanta e quella degli anni Zero) l’assurgere a valore del brutto, dell’incolto, del gretto, del provinciale, in una parola del perdente ma proprio per questo con l’orgoglio tignoso di esserlo. Messa così potrebbe irretire. Proviamo a specificare. Tra il prototipo del Ronaldo di turno e il giocatore capitato in serie A in modo incomprensibile come Lasagna, il ragazzo ignorante celebrerà l’epopea del secondo. Tra il Suv del manager e la Panda del nonno prima versione, senza freni e ingolfata, il ragazzo ignorante posterà adorante meme sulla Panda. Le donne dello spettacolo saranno irraggiungibili nella loro bellezza di plastica, ma per questo (in sottotesto) sbertucciate in improbabili confronti a gironi. E mille altri esempi.

Cosa c’è dietro questo portato simbolico che a prima vista potrebbe sembrare giusto una delle ennesime, per non dire deleterie, mode che da sempre attecchiscono sui ragazzi? Io credo un contenuto ben preciso. Questa generazione, anche con l’immaginario dell’ignoranza, ci fa un discorso (serio) che provo a ridire.

«Sì, è vero, noi siamo la generazione dell’ignoranza. Siamo i figli della crisi, quelli che a tredici anni già hanno saputo che per quanto faranno, da grandi avranno una vita, se va bene, di serie B. Quelli che hanno davanti voi adulti, che continuamente ci dite che ce l’avete fatta, che sapete, che avete studiato, che avete valori, che avete vinto, facendocelo però pesare ogni santo giorno; quelli che soprattutto ci dicono che siamo rozzi, poco interessati, superficiali, perennemente spalmati sull’effimero digitale. Ecco, questo marchio, che ci avete appioppato voi, in pensieri opere e soprattutto omissioni, noi a questo punto ce lo cuciamo al petto, come una medaglia. P. s. Così il vostro bellissimo e retto mondo (?) lo mandiamo allegramente a quel paese». Una rivolta scalcagnata insomma, ma pur sempre una radicale rivolta, sulla quale meditare. A tra quindici giorni.

 

 

24 ottobre 2018