I parroci: «Tornare alla “buona” politica»

Da Tor Sapienza all’Aventino, dopo l’inchiesta “Mafia Capitale”, parlano i preti di Roma. La sfiducia nelle istituzioni e il senso di abbandono è palpabile per romani e per i poveri e gli immigrati 

Ripartire dal buono. Dalle periferie, ma anche dal centro di Roma, mentre tante parrocchie diventano veicolo di nuova speranza. Da Tor Sapienza all’Aventino, dopo l’inchiesta «Mafia Capitale», la sfiducia nelle istituzioni e il senso di abbandono per i romani è palpabile. Ma lo è anche per i poveri, per gli immigrati, per chi ha bisogno di aiuto ed è stato tradito da chi doveva istituzionalmente aiutarli.

«La gente in questo periodo sta ingoiando molti bocconi amari – dice don Marco Ridolfo, parroco di San Cirillo Alessandrino a Tor Sapienza -; qui i residenti sono stati dipinti come razzisti, quando è evidente che i problemi sono altri. Vivere in periferia a Roma significa vivere al confine e solo dopo i recenti fatti avvenuti l’attenzione della politica si è spostata sul quartiere. L’inchiesta non è stata una sorpresa. C’è stata una disattenzione politica tangibile soprattutto qui, perché si è caricato il quartiere di tante cose, senza curarsi del fatto se fosse pronto a ricevere le varie problematiche di cui è stato riempito».

Ripartire dai valori dell’equità, della pace, della convivenza: «Bisogna portare avanti il bel messaggio cristiano che prendersi cura delle persone è la vera bellezza della vita – conclude don Marco – e questo si può fare attraverso l’aiuto, l’incontro e il dialogo». La persona bisognosa al centro dell’interesse è la ricetta anche per don Sergio Ghio, parroco di Santa Maria in Domnica alla Navicella. Don Ghio gestisce pure il Centro giovanile del Colle Oppio, zona frequentata da bisognosi e immigrati vista la vicinanza con la mensa della Caritas: «Grazie all’esperienza del Centro capisco come la comunità cristiana debba farsi carico della persona in toto. Non basta solo procurare un pasto caldo o un letto: le persone che incontriamo hanno bisogno di mangiare, ma anche di un supporto psicologico, magari di un medico. Sono aspetti che non possono essere ignorati. La persona va abbracciata, accompagnata e su questo l’esperienza con gli immigrati insegna molto».

Le realtà buone di questa città esistono, ma di fronte a fatti del genere bisogna capire come fare di più: «È un fenomeno enorme e impressionante – dice don Paolo Salvini, parroco di San Fulgenzio alla Balduina – che deve essere capito. In compenso abbiamo tanti nuovi volontari, c’è una realtà sociale “buona” che si muove, ed è necessario mettere insieme tutto ciò che c’è di vivo nella comunità ecclesiale». Il rapporto con la politica va recuperato, per don Giampiero Palmieri, alla guida di San Frumenzio ai Prati Fiscali. «Come comunità cristiana dobbiamo incoraggiare le persone a prendersi cura della cosa pubblica – dice – ma è anche vero che ora la politica deve rinunciare alla corruzione, deve recuperare la dimensione etica che ha perso del tutto».

La parrocchia è attiva da anni con tre centri per disabili, uno per mamme e bambini, un dormitorio per i senza tetto e un centro diurno per anziani. «Il sostegno a chi ha bisogno – aggiunge – oggi non è sufficiente. Dobbiamo recuperare un volontariato autentico, ma anche riflettere sull’impegno sociale e politico del territorio. Noi cerchiamo di farlo nel nostro quartiere coinvolgendo più cittadini possibile. Cristiani competenti, che hanno una sensibilità etica e che vogliono sporcarsi le mani, ci sono. Ormai non si può più demandare e assistere al degrado della città».

 

22 dicembre 2014