I padri sinodali, i giovani e la sfida grande della “vocazione”

Il dibattito in corso sulla seconda parte dell’Instrumentum laboris, in cui entrano in ballo la fede e i sacramenti. Dai ragazzi la richiesta forte di esempi di santità, che si traducono in coerenza di vita

Il dibattito in corso al Sinodo sui giovani sta affrontando la seconda parte dell’Instrumentum laboris, quella che si intitola “Interpretare: fede e discernimento vocazionale”. È la sezione in cui entrano in ballo la fede e i sacramenti, aspetti centrali della vita della Chiesa. E nei primi interventi non sono mancate alcune obiezioni rispetto all’Instrumentum laboris, in cui ci sono pochissimi riferimenti proprio ai sacramenti. Una critica che fa il paio con quella della relazione sulla prima parte di uno dei Circoli minori di lingua inglese in cui si fa notare che, in materia di morale, non viene mai citata la castità.

Eppure i giovani stanno dimostrando, sia con i contributi presinodali che con gli interventi degli uditori, di avere sete di principi saldi, di proposte concrete, di modelli sicuri. In altre parole, esempi di santità, che si traducono in coerenza di vita. Tutto questo è emerso dalla riunione presinodale in cui viene descritta la figura dell’accompagnatore che desiderano i giovani: deve «essere un cristiano fedele impegnato nella Chiesa e nel mondo; essere in continua ricerca della santità; essere un confidente che non giudica; ascoltare attivamente i bisogni dei giovani e dare risposte adeguate; essere pieno d’amore e di consapevolezza di sé; riconoscere i propri limiti ed essere esperto delle gioie e dei dolori della vita spirituale».

Questo passaggio ripreso nell’Instrumentum laboris ripropone il problema della formazione, un processo che di fatto non si esaurisce mai. I giovani diventeranno con più facilità adulti umanamente e cristianamente “validi” se avranno vissuto l’esperienza di un aiuto dalle fondamenta solide che li consigli, li sostenga e li incoraggi nelle scelte della vita, sapendone ascoltare aspirazioni e dubbi, speranze e timori. È qui che entra in ballo il discernimento vocazionale. Di fatto, quello che emerge dal lavoro preparatorio e dal dibattito è che il termine “vocazione” è ancora troppo legato allo stato di vita clericale o religioso. Quanto mai opportuno, pertanto, è il richiamo alla Lumen Gentium e alla chiamata universale alla santità in forza del battesimo. Questo tira in ballo la famiglia, visto che la stragrande maggioranza delle persone sono chiamate al matrimonio. E anche qui il tema dell’accompagnamento e della formazione è centrale. Lo ha ricordato anche il Papa, stando alle poche notizie trapelate sul suo intervento libero nella giornata di ieri.

Sarà forse proprio questa la sfida da affrontare: offrire ai giovani princìpi fermi, ai quali possano guardare con fiducia, ma sapendo ascoltare e comprendere, senza giudicare, chi la pensa in maniera diversa. Tanto più in una società che sta vivendo un passaggio epocale, come ha ricordato l’arcivescovo di Città del Messico, il cardinale Carlos Aguiar Retes, a margine dell’assemblea: «Gli adolescenti e i giovani sono i più influenzati dal contesto culturale in cui viviamo. È un cambio d’epoca, una frattura dallo stile di vita di noi più grandi a uno completamente nuovo». Un fenomeno iniziato «dal 1992 con le tecnologie di comunicazione che i giovani padroneggiano così bene. Ora devono trovare il loro stile di vita senza perdere i valori fondamentali, soprattutto i cristiani che hanno Gesù come modello. Questo è importante – ha concluso il porporato – prendere quello che la tecnica oggi ci offre e condividerlo perché serva alla formazione della comunità, per superare i nostri problemi e quelli della società».

11 ottobre 2018