I giovani e il servizio civile universale, risorsa poco conosciuta

I dati nel Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo: poco più del 35% degli intervistati ne ha sentito parlare vagamente; solo il 10% lo conosce bene. I meno informati, i Neet. Per la maggioranza, utile come esperienza di impegno civico

Solo l’11,7% dei giovani italiani ha svolto o sta svolgendo un’esperienza di servizio civile, mentre circa la metà (50,2%) non ha mai svolto attività di nessun tipo in ambito sociale. È la fotografia che emerge dalla ricerca “Partecipazione sociale dei giovani e servizio civile universale”, promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e presentata questa mattina, martedì 20 gennaio, a Palazzo Chigi. L’indagine di approfondimento è stata condotta su un campione di 1.783 persone ed è rappresentativa su scala nazionale dei giovani tra i 19 e i 30 anni, spiega Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e statistica sociale della Cattolica di Milano e coordinatore del Rapporto giovani, secondo il quale questi valori «risultano molto più bassi rispetto all’interesse dichiarato dai giovani stessi attraverso un’offerta adeguata». Ben l’80,4% degli intervistati, segnala Rosina, si dichiara infatti “molto” o “abbastanza” d’accordo con il fatto che per tutti i giovani sia utile fare un’esperienza di impegno civico a favore della propria comunità, «anche senza compenso in denaro». Percentuale che sale all’85% tra le donne (75% per i maschi) e all’84% al Sud e nel Centro, mentre il Nord si attesta al 76%. Pochi, prosegue Rosina, «attualmente conoscono bene il “servizio civile universale” che il governo progetta di attivare: meno del 10%; poco più del 35% ne ha sentito parlare vagamente».

Per il 96% degli intervistati, un’esperienza di questo tipo dovrebbe soprattutto «aiutare i giovani a crescere come persone», ma fra gli aspetti presi in considerazione c’è anche la possibilità di «arricchire le competenze utili per la vita sociale e lavorativa» (95%) e incentivare la formazione di «cittadini attivi e intraprendenti» (94,3%). In primo piano anche la possibilità di «esprimere valori di solidarietà», segnalata dal 93,9% degli intervistati, e quella di «rafforzare il senso di comunità», sulla quale si è espresso il 92%. La remunerazione non è l’aspetto più importante, anche se raggiunge una percentuale comunque piuttosto elevata: l’87,9%.

Gli aspetti positivi dell’impegno civico e sociale sono maggiormente riconosciuti dalle donne e nell’Italia centrale. Per Rosina si tratta di un dato che ha riscontro anche sulla propensione «a prenderlo in considerazione concretamente»: 75 ragazzi su 100, nel Centro – Sud del Paese, lo consiglierebbero senz’altro a un amico e più della metà dei giovani del Sud si dichiarano subito disposti a prenderlo in considerazione, contro poco meno di 1 su 4 al Nord. L’interesse più altro tra gli under 25; pochi i giovani «assolutamente non interessati»: l’11% al Nord, il 4 al Centro e il 3 al Sud.

Un capitolo a parte riguarda i “Neet”, vale a dire gli under35 che non studiano, non lavorano né cercano lavoro, destinatari del piano Garanzia Giovani avviato lo scorso anno. Secondo la ricerca, sono i meno informati sull’opportunità costituita dal servizio civile e dalla proposta di quello universale, che conoscono solo in 5 su 100, pur riconoscendone l’utilità, seppure su livelli minori. Per questi giovani, oltre 3 milioni in Italia nel 2014 secondo l’Istat, tra gli aspetti importanti in un’eventuale esperienza di servizio civile emerge il desiderio di essere attivi e l’interesse per strumenti di stimolo alla crescita e all’intraprendenza, oltre che concretamente utili per migliorare competenze spendibili sul mondo del lavoro. Maggiore è l’importanza assegnata alla remunerazione (51% rispetto al 43,6% registrato tra gli altri giovani); ancora, i Neet e risultano in ogni caso «molto interessati al servizio civile universale»: rispetto al resto dei giovani sono di più sia quelli che vorrebbero valutare meglio (20,7% contro il 14,1%) sia quelli che manifestano un diretto e immediato interesse (52,6% contro il 36,4). «L’impressione – afferma Rosina – è che in Italia ci sia una ampia domanda di partecipazione sociale dei giovani che non ha finora trovata adeguati strumenti di valorizzazione, e i dati della ricerca di approfondimento lo confermano ulteriormente».

20 gennaio 2015