I giovani, «cartina di tornasole» per la Chiesa

Nel teatro della parrocchia di San Giovanni Battista de Rossi monsignor Marco Frisina racconta la sua esperienza al recente Sinodo che ha visto insieme per 25 giorni 267 padri sinodali e 34 ragazzi. L’obiettivo: «Accompagnare»

Accompagnare i giovani, camminare nella loro storia, inserirsi nelle loro dinamiche, come predicava san Giovanni Bosco. Monsignor Marco Frisina, direttore del Coro della diocesi di Roma, padre sinodale, unico sacerdote romano presente al sinodo dei vescovi sui giovani, ha racchiuso nel verbo «accompagnare» l’obiettivo finale dell’assemblea che ad ottobre, per 25 giorni, ha visto insieme 267 padri sinodali e 34 ragazzi. «Accompagnare i giovani facendosi accompagnare da loro», ha detto, ricordando che l’icona scelta per il documento finale è l’episodio dei discepoli di Emmaus narrato dall’evangelista Luca.

Occasione per raccontare il dietro le quinte del sinodo è stato l’incontro svoltosi venerdì 30 novembre nel teatro della parrocchia San Giovanni Battista De Rossi che da tempo, come ha spiegato il parroco don Mario Pecchielan, promuove un percorso culturale e pastorale con le parrocchie della XIX prefettura. Guidato nel suo racconto da Mimmo Muolo, vice caporedattore e  vaticanista di Avvenire, Frisina ha illustrato ai ragazzi presenti in teatro la giornata tipo del sinodo scandita dalla preghiera, dai lavori dell’assemblea, ai quali ha sempre partecipato Papa Francesco, dalle riunioni delle commissioni e dalle «lunghe votazioni». Un sinodo nel quale i ragazzi sono stati parte attiva, non avevano diritto di voto ma potevano intervenire e il loro contributo è «stato prezioso».

Frisina lo ha definito un’esperienza «forte di Chiesa, un piccolo concilio» perché vescovi e uditori provenivano da ogni nazione. Ha ricordato alcuni temi trattati, come la liturgia, la sessualità, internet, le migrazioni. L’assise, ha rimarcato, è stata anche l’occasione per fare un «mea culpa». I vescovi hanno «fatto un profondo esame di coscienza». I giovani sono «la cartina tornasole» e l’indifferenza di molti «nasce dal clericalismo». Sono ancora attratti dal Vangelo ma un Vangelo «filtrato attraverso una liturgia stanca o distaccata dalla realtà che vivono li allontana e questo è anche colpa nostra. I giovani – ha aggiunto – vogliono una liturgia viva e bella e hanno il diritto di lamentarsi se è noiosa». A volte sono visti dalla Chiesa come «oggetto di studio» ma dai lavori dell’assemblea è emerso che sono «evangelizzatori» e la Chiesa deve accompagnarli come una Madre, non studiarli come fossero «un fenomeno». Vanno motivati e non «mortificati nella loro positività e nel loro aspetto profetico».

Il documento finale affronta con delicatezza il tema della sessualità. Per don Marco tutte le realtà che oggi i giovani vivono, come l’omosessualità, non vanno «ignorate e trattate come fossero tabù». Deve esserci un «accompagnamento costruttivo spiegando il valore della corporeità». Nell’aula sinodale, ha ricordato, erano presenti vescovi provenienti da ogni parte del mondo con culture diverse e il «concetto di accompagnamento per alcuni è un po’ difficile, vorrebbero troncare in modo netto la comprensione. Ma i giovani non sono tutti uguali e vanno accolti tutti». Altro fenomeno sul quale non è più possibile «fare gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia» è internet, nel cui uso i giovani vanno guidati e la Chiesa «deve rendersi conto che è un mezzo necessario che dovrebbe adoperare di più e meglio». Altro tema, quello delle migrazioni, fenomeno sempre esistito nella storia, da «trattare in modo evangelico» per far comprendere alle nazioni che è «fondamentale prendersi cura dei migranti». Frisina ha ricordato le parole pronunciate durante i lavori del sinodo da un vescovo africano secondo il quale il mondo conosce «solo i migranti che muoiono nel Mediterraneo ma non quelli che perdono la vita durante tutto il viaggio e nei deserti africani».

3 dicembre 2018