I genitori di Charlie condannato a morte: «Fatecelo portare a casa»

La spina dei macchinari che tengono in vita il bambino sarà staccata, per decisione della Corte europea, il 30 giugno. I vescovi inglesi: «Straziante»

La spina dei macchinari che tengono in vita il bambino sarà staccata, per decisione della Corte europea, il 30 giugno. I vescovi inglesi: «Straziante» 

«Vogliamo fargli un bagno a casa, vogliamo sederci sul divano con lui. Vogliamo dormire nel letto con lui, vogliamo poterlo mettere in una culla, perché non ci ha mai dormito. Ora tutto ciò ci viene negato». Chris Gard e Connie Yates, i genitori del piccolo Charlie affetto da una grave malattia genetica ritenuta incurabile, ripercorrono in questo video la battaglia legale per portare il proprio figlio in Usa e sottoporlo a una cura sperimentale.

Ma la battaglia legale dei genitori di Charlie è stata persa. La Corte Europea dei diritti umani infatti ha deciso che oggi, 30 giugno, sarà staccata la spina dei macchinari che tengono in vita il bambino. L’ultimo desiderio per questi genitori era quello di portare Charlie a casa: «Ci siamo ripetuti per mesi che questo era ciò che volevamo, il nostro ultimo desiderio se doveva andare così, e abbiamo promesso ogni giorno al nostro bambino che lo avremmo portato a casa, perché è la promessa che ci siamo detti che avremmo dovuto mantenere».

«Abbiamo avuto un incontro ieri – continua il padre – durante il quale abbiamo parlato delle “opzioni”. Abbiamo detto che ci sarebbe piaciuto portarlo a casa e se non fosse stato possibile avremmo voluto portarlo in un centro di assistenza per malati terminali. Non ci hanno detto nulla che sarebbe dovuto morire in quel centro il giorno successivo. Ci hanno detto che non avrebbero potuto portarlo a casa, così abbiamo detto che avremmo potuto pagare privatamente, ma questa non era un’opzione percorribile».

«Straziante», soprattutto «per i suoi genitori, per la famiglia». Usano questo aggettivo i vescovi inglesi nel definire la decisione adottata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che stabilisce quanto già approvato dai tribunali britannici e, cioè, che si possono sospendere le cure a cui finora è stato sottoposto il piccolo Charlie Gard per mantenerlo in vita. «In questo difficile caso – si legge in una nota diffusa questa mattina dalla Conferenza episcopale inglese – tutte le parti hanno cercato di agire con integrità e per il bene di Charlie, ciascuno secondo la sua visione. Comprensibilmente, i genitori di Charlie desiderano fare di tutto pur di salvare e migliorare la sua vita. Speriamo e preghiamo che, in seguito a questa decisione, possano trovare pace nei giorni e nelle settimane a venire. Incoraggiamo anche la comunità cattolica a pregare per Charlie, per i suoi genitori e per tutti coloro che si sono occupati di lui».

Purtroppo, si legge ancora nella nota, «la malattia terminale prolungata fa parte della condizione umana: non dovremmo mai agire con la deliberata intenzione di porre fine alla vita umana, compresa la rimozione dell’alimentazione e dell’idratazione che potrebbe provocare la morte. Dobbiamo, tuttavia qualche volta riconoscere i limiti di ciò che può essere fatto, mentre si agisce sempre umilmente al servizio del malato fino al momento della morte naturale».

«La vita del piccolo Charlie – ha dichiarato il direttore dell’Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Adriano Pessina – non è sospesa all’uso delle macchine che lo aiutano a vivere ma all’uso delle sentenze e delle parole con cui si cerca di stabilire che cosa sia meglio fare per lui. Non è facile capire la sentenza con cui la Corte Europea dei diritti umani ha reso legittima la sospensione dei trattamenti sanitari nei confronti di Charlie». Impedire ai genitori di ricorrere a una possibile prassi sperimentale «lascia perplessi in un’epoca in cui la migliore medicina sembra essere sempre aperta alla sperimentazione e alla speranza della cura».

«Charlie – conclude Pessina – non è un caso giuridico su cui sperimentare nuove interpretazioni delle carte dei diritti e la tenuta delle competenze scientifiche: è un bambino che prima di tutto deve essere custodito nella sua fragilità e in ogni caso, fosse davvero bene sospendere i trattamenti, ha diritto a un accompagnamento alla morte che coinvolga anche i suoi genitori. La foga mediatica non aiuta certo la comprensione».

30 giugno 2017