I “Figli di nessuno” di Fabrizio Moro

Il cantautore romano sarà in concerto il 18 e 19 ottobre al Palazzo dello Sport per presentare il suo decimo album di inediti: 11 tracce, e un linguaggio senza filtri

«La fede è come un’arma per combattere ogni sfida/ Ho fede in te e ho fede nell’amore / Per descrivere la fede poi non servono parole / La fede è un conduttore / Fra un dubbio e questo immenso/ Quando il resto perde il senso». Così il cuore del singolo “Ho bisogno di credere” che ha fatto conoscere al pubblico il nuovo album di Fabrizio Moro, (Mobrici all’anagrafe), “Figli di nessuno”, uscito lo scorso aprile, manifestando subito l’intento di non essere mai banale.

Quasi 20 anni di carriera, di cui i primi 7 in sordina, fino alla prima partecipazione al Festival di Sanremo nel 2007, con il brano “Pensa”, dedicato alle vittime della mafia, con cui vince nella categoria Nuove Proposte e si aggiudica anche il Premio della critica Mia Martini. Da quel momento un crescendo di successi per il cantautore classe 1975, cresciuto a San Basilio, come tiene a precisare nella sua biografia ufficiale, richiesto anche come autore da altri interpreti (Emma Marrone, Noemi, ecc.).

L’edizione 2018 del Festival di Sanremo lo ha visto vincitore insieme a Ermal Meta con “Non mi avete fatto niente”, ma lui non si è mai montato la testa. Giunto ora al decimo album di inediti, “Figli di nessuno” contiene undici tracce in cui Fabrizio Moro conferma la sua cifra stilistica caratterizzata da un linguaggio schietto, diretto e senza filtri, tipico della periferia romana, unito all’idea di riscatto e autodeterminazione. L’inconfondibile timbro di Fabrizio mette in evidenza la sua capacità di far emozionare e riflettere attraverso i testi, mentre musicalmente, si spazia dal rock di “Quasi” alla dolcezza dell’arrangiamento di “Come te”, un’atipica scelta melodica che si discosta dallo stile che di solito predilige il cantautore romano.

C’è spazio per la rabbia della title track, scritta pensando alla fatica di chi, pur non avendo raccomandazioni, lotta con dignità per trovare il suo posto nel mondo, e quella di “Non mi sta bene niente” («suonavo il punk contro il sistema, la mia esistenza in quegli anni era una pena, e a volte torna e ritorna la tristezza, in questo mondo cinico devi essere all’altezza, dei tuoi sogni e delle mete, della fame e della sete»), che si rivela alla fine un inno contro la rassegnazione; per i sentimenti de “Filo d’erba”, un piccolo testamento dedicato al figlio Libero, per l’introspezione di “Per me” e la freschezza di “#A”. Una menzione a parte merita “Me’ nnamoravo de te”, un excursus degli ultimi travagliati cinquant’anni della Repubblica Italiana, tra i movimenti giovanili, gli scontri di piazza, il “compromesso storico”, l’omicidio di Pasolini, gli anni di piombo, “mani pulite”, tangentopoli, il patto Stato-mafia e la confusione odierna, visti da due bambini che si innamorano.

Insomma. Fabrizio Moro, che nel frattempo, già nel 2012, ha fondato “La Fattoria del Moro Publishing”, etichetta discografica e agenzia di management per finanziare e produrre, oltre a varie band emergenti, i suoi progetti e i suoi Tour, è un cantautore dallo sguardo lungo, capace di poggiarsi con determinazione sulle cose che contano e di accompagnare chi lo ascolta a rifletterci su. Impegnato in questi giorni nelle prove (e blindato per le interviste), dal 12 ottobre partirà il tour che farà una doppia tappa a Roma il 18 e 19 al Palazzo dello Sport. Vale la pena ascoltarlo.

27 settembre 2019