I diaconi permanenti, «tessitori di comunione»

Nella basilica lateranense la liturgia per la consegna del mandato ai 136 presenti nella diocesi di Roma. De Donatis: «Solo l’amore dà senso a ogni fatica»

Consacrati al ministero della liturgia, della predicazione e della carità, i diaconi sono «tessitori di comunione» che servono il popolo di Dio e sono invitati «a vivere la concordia e l’unità con il parroco, il presbiterio e la comunità ecclesiale». L’umiltà è alla base del loro ministero, «la disponibilità e la ricerca del povero e dell’ultimo, il loro pane quotidiano». Sono chiamati a «servire tutti senza distinzione, a esprimere l’amore particolare di Dio e della Chiesa per i più poveri, i sofferenti e i peccatori». Nel mandato pastorale consegnato per scritto ai 136 diaconi permanenti della diocesi di Roma, il cardinale vicario Angelo De Donatis ha riassunto il senso del ministero diaconale e i compiti ai quali sono chiamati dal giorno dell’ordinazione. La basilica di San Giovanni in Laterano ha fatto da cornice, sabato 17 aprile, alla liturgia che per la prima volta è stata celebrata nella diocesi per sottolineare l’importanza del ministero che si colloca nella missione della Chiesa – al quale si stanno preparando altri cinquanta uomini – e ufficializzare la designazione dei diaconi nelle parrocchie romane, come avviene di norma per la nomina dei parroci e dei viceparroci.

Nella lettera consegnata a ogni diacono dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi e delegato per il diaconato permanente, il porporato ha esortato a farsi prossimi «come colui che serve, con umiltà e consapevolezza della propria povertà». Sullo spirito di servizio e di carità, quanto mai urgente in epoca di pandemia, il cardinale ha incentrato anche l’omelia invitando i diaconi a non dimenticare mai che «ogni volta che un povero bussa alle porte delle comunità, è il Signore risorto. È Lui che chiede il pane e si fa povero. Ogni volta che si presenta qualcuno a chiedere il pane come alimento, o il pane della Parola o quello della speranza o dell’amicizia o della fraternità, è il Signore risorto». Sull’esempio di Giovanni, il primo discepolo che riconobbe Gesù sulla riva del lago di Tiberiade, i diaconi devono «scuotere» le comunità parrocchiali dal loro torpore, «mettere il povero al centro e passare a servirlo». È la testimonianza d’amore verso il prossimo, la capacità di chinarsi ai piedi dei sofferenti a ricordare «il primato dell’umile servizio di Gesù a ogni essere umano», perché solo «l’amore dà senso a ogni possibile fatica, all’incomprensione o persino alle lacerazioni vissute nel servizio».

Il sorriso, la generosità, la disponibilità a offrire la propria vita sono le qualità che il cardinale apprezza nei tanti diaconi incontrati in occasione delle numerose visite alle comunità romane. «Che tutto questo aumenti ancora di più – l’augurio del porporato ai diaconi accompagnati dalle spose e dai parroci delle parrocchie di appartenenza -. Che il Signore renda ancora più bella la Chiesa di Roma e più fecondo il vostro ministero per il bene di questa città». La volontà di mettersi ancora a disposizione della comunità ecclesiale è stata confermata dal rinnovo delle promesse con le quali i diaconi, ha spiegato De Donatis, sono chiamati «a condurre a Gesù i fratelli più dispersi e lontani, quelli che si sono smarriti per strada, offrendo le spalle al Buon Pastore perché possa ricondurre tutti a casa». Porgendo i saluti di Papa Francesco, il porporato ha detto infine che da tempo Bergoglio desidera conoscere i diaconi diocesani e ha assicurato che «appena le condizioni lo permetteranno sarà organizzato un incontro».

19 aprile 2021