I diaconi e la vocazione di «aprire orizzonti di eternità»

L’ordinazione nella basilica lateranense, presieduto dal cardinale Vallini. L’invito a «conservare lo stile di vita del discepolo ed essere servi della carità»

Nella basilica lateranense il rito dell’ordinazione, presieduto dal cardinale Agostino Vallini. L’invito a «conservare lo stile di vita del discepolo ed essere servi della carità»

«Un’iniezione di giovinezza per la Chiesa di Roma»: così il cardinale vicario Agostino Vallini ha definito l’ordinazione di dieci nuovi diaconi romani, avvenuta nel corso della celebrazione da lui presieduta sabato 31 ottobre nella basilica di San Giovanni in Laterano. Una celebrazione «piena di fede, di gioia, di speranza, per la città di Roma, che oggi più che mai ha bisogno di testimoni ardimentosi», preparata con una veglia di preghiera, venerdì 30 ottobre, nella cappella del Pontificio Seminario Maggiore, presieduta da monsignor Angelo De Donatis, nuovo vescovo ausiliare eletto della diocesi di Roma.

Un rito carico di gesti significativi, che il cardinale Vallini ha voluto spiegare nel corso dell’omelia agli ordinandi (provenienti dal Pontificio Seminario Maggiore, dal Redemptoris Mater, dal seminario del Divino Amore e dall’Almo Collegio Capranica): il distendersi a terra, mentre l’assemblea invoca l’intercessione dei santi, gesto che indica «che siete pronti a morire a voi stessi per essere tutti di Cristo e della Chiesa»; la benedizione delle mani del diacono, poste nelle mani del vescovo, attraverso cui «prometterete reverenza e obbedienza al nostro vescovo, il Papa Francesco, e vi consegnate al Signore, dicendo “Fai di me quello che vuoi”». Infine la consegna del libro dei Vangeli, che indica l’impegno del diacono al servizio della Parola, cardine di tutta la vita: «Solo se il Vangelo diventerà ogni giorno di più per voi parola feconda e penetrante – ha detto il cardinale – allora vivrete dell’amore di Dio, e ne diventerete testimoni credibili».

Vallini ha poi indicato l’elemento fondamentale per vivere pienamente la vocazione del diaconato, nella consapevolezza, non solo teorica, ma intima e personale, di «non essere parte di una casta privilegiata ma servi del Signore», con una «progressiva, coinvolgente identificazione a Cristo, ai suoi sentimenti, al suo pensiero». I consacrati sono dunque chiamati a «conservare e alimentare lo stile di vita del discepolo, con la frequentazione quotidiana della Parola di Dio», e ad essere i servi della carità, cioè dell’amore di Dio per ogni uomo, essendo loro stessi per primi «uomini, veri, adulti, maturi, giusti e onesti», capaci di «fuggire ogni compromesso», pronti al lavoro, fedeli al ministero, generosi nel sacrificio e nella condivisione e con un cuore sensibile, paziente e accogliente verso tutti, in particolare i poveri, per incoraggiare al bene, alla comprensione, al perdono.

Infine l’invito a non scoraggiarsi mai ma a cercare forza nei confratelli, nel padre spirituale, negli amici sacerdoti, nella comunità, per capire che «il Signore vi ha messo nel cuore la vocazione di dare fiducia agli uomini, aprire orizzonti di eternità, di fede e di amore, testimoniare la bellezza del Vangelo». Al termine della celebrazione il cardinale ha poi rivolto un ringraziamento speciale alle famiglie, alle parrocchie, agli educatori, espressioni di una Chiesa viva e terreno dove nascono e si fortificano le vocazioni, e ha rivolto a tutti i giovani presenti l’appello a rispondere senza paura alla vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata, perché «se il Signore vi chiama, quella è la strada per la vostra felicità».

2 novembre 2015