Hamas e Israele: possibile accordo negoziato dal Qatar

L’annuncio anticipato da fonti di entrambe le parti. L’intesa comprenderebbe il rilascio di almeno 50 ostaggi. Non si fermano intanto i raid sulla Striscia: colpiti nella notte 250 obiettivi di Hamas. Scambio di attacchi anche tra Hezbollah e Israele

Sembra vicino il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas su una tregua. Lo anticipano fondi di entrambe le parti. Come Ismail Haniyeh, uno dei leader di Hamas, che lo scrive su Telegram. Anche Al Jazeera riferisce le dichiarazioni di altri funzionari di Hamas, secondo cui i dettagli della tregua – di «un certo numero di giorni» – saranno annunciati dal Qatar, quando e se sarà finalizzata. Gli accordi, aggiungono, comprenderebbero anche l’ingresso di aiuti a Gaza e lo scambio tra ostaggi presi da Hamas e persone imprigionate da Israele. In particolare, il rilascio dovrebbe riguardare donne e bambini israeliani in cambio di donne e bambini palestinesi.

«Siamo molto vicini a un accordo»: lo ha riferito alla tv Canale 12 anche una fonti israeliana, sottolineando che ci sono ancora aspetti tecnici da risolvere. Ci sarebbe comunque un’intesa in base alla quale almeno 50 persone saranno liberate, mentre decine di altre lo potrebbero essere in cambio di un’estensione del cessate il fuoco dopo i primi, pochi, giorni inziali. A essere liberati – ha confermato – dovrebbero essere donne e bambini.

Allarmato dalla possibilità dell’accordo il ministro israeliano della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra “Potere ebraico”. Secondo il Times of Israel, il ministro ha ammesso di non conoscerne i dettagli «ma le voci che circolano – ha aggiunto – indicano che rischiamo di compiere un altro grave errore come nella liberazione di Shalit». Il riferimento è al caporale liberato nel 2011 dopo 5 anni di prigionia a Gaza in cambio di 1000 detenuti di Hamas, fra cui il leader attuale Yihia Sinwar. Un accordo analogo, per Ben Gvir, «potrebbe rivelarsi un disastro».

Non si fermano intanto gli attacchi sulla Striscia. Almeno 17 persone, secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, sono rimaste uccise e diverse altre ferite nella notte, in un raid sul campo profughi di Nuseirat, a sud di Gaza. Tra le vittime anche donne e bambini. A nord di Gaza invece tre corpi sono stati estratti dalle macerie dopo che le forze israeliane hanno colpito un edificio residenziale a Jabalya, ritenuta roccaforte di Hamas, informa Al Jazeera. Diverse persone sarebbero ancora intrappolate sotto al palazzo crollato. Complessivamente, ha dichiarato il portavoce, l’esercito israeliano ha attaccato ieri, 20 novembre, 250 obiettivi di Hamas nella Striscia, inclusi lanciatori di razzi e altre infrastrutture della fazione islamica. Scoperte anche «armi all’interno di case nella Striscia, incluso un missile anti-tank nascosto sotto la culla di un bambino». Completato l’accerchiamento di Jabalya, l’esercito israeliano è pronto «ad allargare i combattimenti», ha assicurato il portavoce.

Sul fronte nord, gli Hezbollah libanesi hanno rivendicato questa mattina, 21 novembre, una serie di attacchi contro postazioni militari israeliane in risposta a raid aerei e di artiglieria di Israele contro località del sud del Libano, riferiscono media locali. In particolare, secondo l’agenzia governativa libanese Nna, in un attacco di Israele nella zona tra Tayr Harfa e Jebbin, nel settore occidentale della linea del fronte tra Hezbollah e Israele, sono rimasti uccisi due giornalisti e un civile. Il raid infatti ha preso di mira una troupe della tv al Mayadin.

Proprio ieri sera, 20 novembre, il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) ha reso noto che è di almeno 50 vittime il bilancio dei giornalisti e degli operatori dei media rimasti uccisi nel conflitto tra Israele e Hamas dal 7 ottobre scorso. Una «triste pietra miliare», l’hanno definita, che supera di parecchio il numero dei 15 reporter uccisi nella guerra tra Russia e Ucraina, stando ai dati del Cpj. Solo nella giornata di sabato 19 novembre sono stati 5 i giornalisti uccisi in Medio Oriente: dopo il 7 ottobre, è stato il secondo giorno più mortale del conflitto in corso. Nella parole di Sherif Mansour, coordinatore del Cpj per il Medio Oriente e il Nord Africa, «i giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante durante i periodi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in guerra».

21 novembre 2023