Uno scenario apocalittico.  «La devastazione è enorme  – prosegue  -. Evoca scenari simili a Hiroshima e Nagasaki. E poi le alluvioni, le inondazioni. In una cittadina la via principale è diventata il letto di un fiume. In questo periodo piove ogni giorno ma i tetti delle case sono volati via. La gente vive tra le macerie delle proprie case e non trova cibo da mangiare».  Un disastro, specie nei villaggi rurali più isolati, che sopravvivevano con le attività agricole e di allevamento. Qui è difficilissimo far arrivare gli aiuti alimentari.

La popolazione è ancora sotto choc. Il segretario generale di Caritas internationalis descrive una popolazione traumatizzata: «Durante l’uragano un papà ha visto volar via il figlio neonato che teneva stretto tra le braccia, tanto era forte il vento». Anche i sacerdoti, i parroci, le religiose sono in difficoltà. «Alcune suore non possono più vivere nel convento. Un giovane parroco era ancora scioccato, si vedeva chiaramente che non stava bene».

Aiuti governativi e internazionali non sufficienti. In questa situazione, il governo di Haiti è intervenuto poco e male. Ha attivato solo i “Centres d’operations d’urgences départementaux” ma non bastano. Gli aiuti delle grandi organizzazioni internazionali, seppur presenti, «non sono all’altezza dei bisogni», denuncia Roy. E quando ci sono, rischiano di essere strumentalizzati dai politici locali. «“In parte dipende dal governo haitiano, più preoccupato della situazione politica e delle elezioni che del bene comune». La comunità umanitaria presente ad Haiti ha lanciato un appello di 56 milioni di dollari per rispondere, nei prossimi tre mesi, ai bisogni alimentari delle persone colpite dall’uragano.

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Gli aiuti alimentari Caritas

La solidarietà tra diocesi. Sul versante cattolico Caritas Haiti si è subito attivata, in coordinamento con le autorità locali. È scattata una solidarietà interna per aiutare le diocesi colpite: Jérémie, Nippes, Cayes, Jacmel e Port-de-Paix. Sono stati distribuiti aiuti alimentari e kit igienici a 2.700 famiglie (13.500 persone) e avviati programmi  per sensibilizzare la popolazione sulla prevenzione di malattie infettive. Il cardinale Chibli Langlois, vescovo di Cayes e presidente della Conferenza episcopale di Haiti, ha consegnato a Caritas un appello. La sua diocesi è stata tra le più colpite: danni alla cattedrale e molte chiese senza tetto. Si celebra all’aperto, nonostante la pioggia. Le cappelle rimaste in piedi vengono utilizzate come aule scolastiche. «Gli sfollati sono accolti nelle strutture più grandi e solide, che hanno resistito al vento – dice Roy -. Anche molti privati si sono dati da fare con generosità: nell’hotel in cui alloggiavo erano ancora ospitate un centinaio di persone». Ascoltate le richieste delle Chiese locali, la Caritas ha ora intenzione di intervenire per aiutare la popolazione a riprendere le attività produttive: «La gente chiede semi e piantine per ricominciare a coltivare; barche e reti da pesca; legname per ricostruire i tetti e le pareti di casa; aiuti sanitari. Speriamo di riuscire a raggiungere la cifra necessaria» Qui il link per donare. (Patrizia Caiffa)

3 novembre 2016