Guerra Israele – Palestina: la comunità internazionale non può stare a guardare

L’offensiva di Hamas e la risposta militare di Israele aprono nuovi scenari sul disordine planetario innescato dalla crisi russo – ucraina. Ma Stati Uniti e Ue non stanno facendo abbastanza per promuovere un’iniziativa diplomatica. Il modello “Una pace, due Stati»

Siamo tutti senza parole. Sapere delle decapitazioni di bimbi innocenti nel Kibbutz di Kfar Aza è aberrante. Come anche delle vittime innocenti a seguito dei bombardamenti sulla città di Gaza e dintorni. Ciò non toglie che occorre operare un sano discernimento per comprendere i retroscena rispetto a quanto sta avvenendo sul campo.

L’offensiva lanciata da Hamas, sabato scorso, 7 ottobre, contro Israele e l’immediata risposta militare di quest’ultima aprono nuovi scenari non solo nello scacchiere mediorientale ma in termini generali, sul disordine planetario che si è innescato a seguito della crisi russo – ucraina. Premesso che il ricorso alla violenza nei confronti dei civili, soprattutto donne e bambini, è deprecabile senza se e senza ma, è evidente che la comunità internazionale non può stare alla finestra a guardare. Anche perché il Medio Oriente torna a essere oggetto di una partita dove, a fronte di una prospettiva di pacificazione tra Israele e Arabia Saudita, è emerso il ruolo altamente destabilizzante dell’Iran che getta, e non da oggi, benzina sul fuoco, alimentando a dismisura i risentimenti palestinesi e dell’islam sciita.

Detto questo, vi sono forti dubbi da parte di molti analisti sul fatto che Mossad non fosse proprio al corrente della minaccia di un possibile attacco di Hamas, anche perché, fino a prova contraria, stiamo parlando della prima della classe tra le organizzazioni di intelligence a livello mondiale. Oltretutto, la Striscia di Gaza è circondata via terra dall’esercito israeliano e sul versante opposto è cinturata da un blocco navale. Com’è possibile che in quel territorio, in permanente stato d’assedio, siano entrate in questi mesi così tante armi e munizioni? L’interrogativo è legittimo. Sta di fatto che le derive estremiste e ben radicalizzate delle leadership palestinesi e israeliane sono irriducibilmente contrapposte al punto tale, almeno per il momento, da volere solo e unicamente l’annientamento del proprio antagonista.

Purtroppo gli attori responsabili del cosiddetto consesso internazionale, in particolare Stati Uniti ed Europa, almeno per il momento, non stanno facendo abbastanza per promuovere un’iniziativa diplomatica degna di questo nome. D’accordo che le violenze vanno fermamente condannate, ma è indispensabile riaffermare i sacrosanti principi della Carta delle Nazioni Unite che impongono la via diplomatica per la risoluzione delle controversie internazionali: non possono rimanere lettera morta. A questo proposito è importante rilanciare il modello “Una pace, due Stati”, che sembra essere stato vanificato del tutto dopo che l’ultimo governo del premier Netanyahu per poter esistere ha avuto bisogno del sostegno delle componenti più radicali e ultranazionaliste di Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Lungi da ogni retorica, come scrisse il grande Carlo Levi, «… che la sola ragione della guerra è di non aver ragione (ché, dove è ragione, non vi è guerra); che le guerre vere ed efficaci sono soltanto le guerre ingiuste; e che le vittime innocenti sono le più utili e di odor soave al nutrimento degli dei». Parole davvero cariche di significato per riflettere e pregare. Il Rosario per la pace, che si svolgerà domenica 15 ottobre alle 21 sul sagrato della basilica di Santa Maria Maggiore, rappresenta l’occasione privilegiata per invocare l’intercessione della Vergine, Salus Populi Romani.

11 ottobre 2023