Guatemala, la missione salesiana e l’uragano Eta

Don Castagna: «Non abbiamo idea del numero esatto delle comunità colpite». Gli sfollati ammassati in case, cappelle e scuole: «Impossibile calcolare i rifugi»

Dal Guatemala devastato dall’uragano Eta arriva la testimonianza della missione salesiana a San Pedro Carchá, Alta Verapaz, radicata nel territorio da 80 anni, che, con 8 sacerdoti, serve circa 350 villaggi, dei quali si stima che una quarantina siano stati direttamente colpiti. «In realtà – riferisce don Vittorio Castagna all’agenzia di informazione salesiana Ans – non abbiamo idea del numero esatto delle comunità colpite». Piogge, forti venti e frane – che hanno colpito tutta l’area del Centro America – hanno danneggiato le abitazioni, alcune delle quali completamente distrutte. Ora, riferisce il missionario, «sono tre giorni che non piove più, eppure l’acqua continua a salire e la gente non può uscire. Molte strade sono andate perse e ci sono comunità che non sono più raggiungibili; le case nelle diverse comunità sono molto precarie e in tanti hanno perso davvero tutto».

Al danno materiale si aggiunge poi il trauma psicologico. Don Castagna racconta di persone «con profonda tristezza», che si sentono «sole, insicure. Gli sfollati – prosegue – ora sono ammassati in un posto molto piccolo, è un ambiente molto scomodo, questa è una prova per loro». Le persone che sono riuscite a fuggire dai villaggi sono ora nei rifugi mentre gli elicotteri di soccorso stanno ancora cercando il modo di portare le persone in salvo. In questa situazione di difficoltà, i villaggi vicini a quelli allagati hanno aperto scuole e chiese per accogliere gli sfollati. «Siamo felici che, sebbene non ci sia stata un’indicazione diretta, la gente dei villaggi si sia organizzata per aiutare le comunità circostanti – commenta il salesiano -. Offrono loro tre pasti e un posto asciutto. Sono stato felice di vedere questa spontaneità della Chiesa che sta diventando sorella, vicina alla gente».

Impossibile, al momento, calcolare il numero dei rifugi, perché ogni opzione possibile è stata utilizzata per accogliere le persone: i rifugi sono nelle case, le cappelle e le scuole. I salesiani stanno ricevendo aiuti da Città del Guatemala e da altri Paesi del Centroamerica e li stanno consegnando nei rifugi, seppure con grande difficoltà perché il segnale telefonico è interrotto e le necessità vengono scoperte man mano che si riesce a raggiungere una località. Una situazione ad alto rischio, per l’uragano e per le sue conseguenze ma anche per la pandemia di coronavirus, dato che obbliga alla convivenza di tante persone nei rifugi, senza le adeguate misure di protezione. «Chiediamo al Signore di darci una mano per poter aiutare molte persone che hanno bisogno di noi», conclude don Castagna.

12 novembre 2020