“Green border”: sguardo sui migranti

Realismo e immediatezza, nel racconto di Holland, che oscilla con intensità e forza espressiva nei dintorni del documentario. Al centro, uno scenario di guerra del nostro tempo

Una famiglia di rifugiati siriani, un insegnante di inglese solitario in fuga dall’Afghanistan e una giovane guardia di frontiera: queste persone si incontrano insieme ad altre sul confine polacco-bielorusso durante l’ultima crisi umanitaria innescata dal presidente Aleksander Lukashenko. È lo scenario intorno al quale prende il via Green Border (Il confine verde), dall’8 febbraio nelle sale. Bisogna dire subito che non siamo in una fiction. Gli spunti che abbiamo sopra ricordato fanno riferimento a una drammatica, aspra realtà: un film di denuncia, che guarda dalla parte di quelle situazioni meno osservate dai media.

Il titolo fa riferimento a una zona precisa tra Polonia e Bielorussia, uno spazio che è diventato di grande rischio per chi ha la sventura di transitarvi perché li i diritti umani diventano una chimera e c’è posto solo per violenze e sofferenze brucianti. La storia prende avvio a Minsk, nella Bielorussia, dove un aereo turco atterra con un gruppo di richiedenti asilo diretti in alcuni Paesi europei. Ai profughi siriani si unisce una donna afghana in fuga dal regime dei talebani. Una volta a terra il gruppo dapprima paga lautamente un accompagnatore fino al confine ma poi è costretto a dispendersi nei campi appena toccato il suolo polacco. E qui comincia anche il loro calvario: le forze militari della Polonia, seguendo l’ordine di respingere ogni tentativo di ingresso sul suolo nazionale, si attivano per eseguire con spietato rigore il compito loro affidato, anche ricorrendo a percosse e a situazioni dove la dignità umana sembra del tutto dimenticata. Ne deriva uno scenario difficile e dolorosissimo, all’interno del quale si muovono le singole vicende, che evidenziano i sacrifici compiuti da donne e uomini per mantenere un minimo grado di dignità e di salvezza per minori e famiglie.

Green Border propone uno scenario di guerra non del secolo scorso ma nostro contemporaneo e, come tale, fa più male perché accesosi in anni nei quali avrebbe dovuto dominare la pace, soprattutto in una Europa che si sta dimostrando invece fragile e fin troppo spezzettata. Tema difficile da affrontare che la regista Agnieszka Holland, tra i nomi di punta del cinema polacco, facendo ricorso a sensibilità e intelligenza, propone con un aggressivo bianco e nero, capace di trasmettere tutta l’angoscia del momento.

Nel dipanarsi del drammatico racconto, la regista colpisce per realismo e immediatezza, oscillando con intensità e forza espressiva nei dintorni del documentario. Un film di impegno civile, forte e necessario, giustamente premiato alla scorsa Mostra di Venezia con il Leone d’ Argento – Premio Speciale della Giuria.

7 febbraio 2024