Governo, Bassetti: «Non lasciamo italiani stravolti da odi e razzismi»

A Santa Maria in Trastevere il presidente della Cei guida la “Veglia per l’Italia” dopo le elezioni. Alla classe politica chiede di «non soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale»

Un accorato appello rivolto ai cattolici a «non avere paura della responsabilità politica», a non essere «assenti o latitanti» ma ad affermare i propri valori evitando di «disertare quel servizio al bene comune che è fare politica in democrazia» che comporterebbe «l’irrilevanza». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, presiedendo ieri sera, giovedì 7 giugno, la “Veglia per l’Italia” organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella basilica di Santa Maria in Trastevere, ha analizzato l’attuale situazione politica a 360° rivolgendosi alla classe politica, ai cittadini e in particolare ai cattolici. Tra i presenti all’incontro di preghiera, il fondatore e il presidente della Comunità, Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.

Durante il suo discorso, conclusosi con un lungo applauso, il cardinale Bassetti ha augurato buon lavoro al nuovo Governo al quale ha chiesto di iniziare ad operare in sinergia perché l’Italia ha bisogno di una svolta. «È eticamente doveroso lavorare per il bene comune del Paese senza partigianeria – ha affermato – con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale». Rivolgendosi direttamente alle forze politiche e agli operatori della comunicazione ha chiesto di «non badare all’interesse immediato e di parte». Il porporato non ha nascosto che i mesi successivi alle elezioni sono stati «di seria preoccupazione» e ad aggravare un clima già teso, durante il quale «attimi di conflittualità sono emersi dalle viscere profonde del Paese», ha contribuito anche internet «il cui uso talvolta irresponsabile è da biasimare. Ho visto montare una rabbia sociale persino contro il presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini».

L’insediamento del Governo Conte, ha spiegato il presidente della Cei, «richiama tutti a un senso di responsabilità nelle parole e nei fatti, sempre tenendo conto del rispetto delle persone e del bene comune. La mia preoccupazione va a tanti mondi, specie le periferie delle nostre città, lacerati, in cui alla fatica quotidiana di vivere si aggiungono nuovi conflitti e diffidenze. C’è un tessuto umano da ritessere in questi angoli di mondo e in tutta la società civile italiana in nome della pace civile e sociale». A tal proposito ha ricordato il ruolo della Chiesa italiana «impegnata nel rammendo nella società» e ha invitato ad impegnarsi nei confronti di un’umanità che non dobbiamo perdere o lasciar stravolgere da odi o razzismi, ma incrementare e trasmettere ai nostri figli».

In questi mesi i cristiani hanno rischiato «di farsi contagiare dal clima di paura» guardano alla politica, come qualcosa che «sporcava, dimenticando come essa è un grande servizio alla comunità nazionale, alla patria, madre nostra e dei nostri figli». Bassetti ha quindi invitato ad avviare nuovi processi «senza preoccuparsi di occupare spazi di potere» coinvolgendo soprattutto i giovani i quali devono sentirsi chiamati «ad assumersi nuove responsabilità e ad elaborare nuove ‘idee ricostruttive’ per la democrazia del nostro Paese. Sono convinto che le energie morali di questo Paese sono ancora tante e tantissimi siano i talenti inespressi che necessitano di essere valorizzati».

Meditando proprio la parabola del dono dei talenti il cardinale Bassetti ha osservato che anche avere una patria è un dono di Dio ma lo diamo per scontato. «Coloro che l’hanno persa o che ne sono stati scacciati o l’hanno dovuta abbandonare, sanno bene quale valore essa abbia». Ha esortato ad evitare di prendere come esempio il servo infedele della parabola che non investe il talento che gli era stato donato ma lo sotterra, tornando subito a parlare dei timori che in questo tempo serpeggiano in tante persone che «hanno paura per sé, del futuro, per il nostro Paese. Così, per paura, cercano di non confondersi, di mettersi al riparo, quasi di sottrarsi al comune destino di essere italiani responsabilmente. Non bisogna aver paura e pensare solo a sé, al proprio interesse, al proprio tornaconto, rinunciando a trafficare i propri talenti per il bene comune del Paese».

Il cardinale ha concluso il suo discorso pregando che «lo Spirito del Signore soffi nel cuore dei responsabili e degli italiani, affinché s’impegnino per il bene comune, in particolare per le fasce più povere della popolazione». La veglia si è conclusa con la recita della preghiera per l’Italia scritta da San Giovanni Paolo II nel 1994.

 

8 giugno 2018