Gli “orientamenti” Ue sul reddito minimo

La proposta di raccomandazione della Commissione agli Stati membri perché i regimi siano «efficaci nella lotta alla povertà e nella promozione dell’inclusione attiva»

Garantire che i regimi di reddito minimo siano «efficaci nella lotta alla povertà e nella promozione dell’inclusione attiva nella società e nei mercati del lavoro». Questo l’obiettivo a cui tendono gli “orientamenti” contenuti nella proposta di raccomandazione offerta oggi, 28 settembre, dalla Commissione europea agli Stati membri . Tutti infatti hanno un qualche sistema di reddito minimo ma non tutti sono ugualmente efficaci per ridurre la povertà delle persone, promuoverne l’integrazione e l’occupazione.

Con “reddito minimo”, si legge nella nota diffusa dalla Commissione, si intendono quei «pagamenti in contanti che aiutano le famiglie che ne hanno bisogno a colmare lo scarto rispetto a un determinato livello di reddito per pagare le bollette e condurre una vita dignitosa». Una «rete di sicurezza sociale», insomma, di cui l’esperienza della pandemia ha dimostrato l’importanza e che ora, tra inflazione e aumenti dei prezzi dell’energia, torna a essere cruciale.

Con la proposta odierna, la Commissione stima che si potrebbe arrivare a ridurre di almeno 15 milioni il numero di persone a rischio povertà ed esclusione sociale entro il 2030 (nel 2021 erano 94,5 milioni le persone a rischio) e a far sì che il 78% della popolazione della fascia 20-64 anni sia occupata, come prevede il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali. Nella proposta si parla di adeguare i sostegni, snellire le procedure, migliorare la trasparenza, unire ai pagamenti accessi effettivi «a servizi abilitanti di qualità»: formazione, istruzione, assistenza sanitaria.

Nelle parole del commissario per il Lavoro Nicolas Schmit, «non sempre i regimi di reddito minimo sono adeguati, raggiungono tutti coloro che ne hanno bisogno o motivano le persone a rientrare nel mercato del lavoro». Secondo dati della Commissione infatti circa il 20% delle persone senza occupazione a rischio di povertà non ha diritto a ricevere alcun sostegno al reddito e si stima che tra il 30% e il 50% della popolazione ammissibile non ricorra al sostegno al reddito minimo. «In un contesto di aumento del costo della vita e di incertezza», osserva ancora Schmit, è necessario «garantire che le nostre reti di sicurezza siano all’altezza del compito». Con un’attenzione particolare ai giovani senza lavoro, perché «non restino intrappolati in un circolo vizioso di esclusione».

28 settembre 2022