Gli italiani e l’immigrazione, tra emotività e strumentalizzazione

Nel libro di Fabrizio Battistelli (Archivio disarmo) “La rabbia e l’imbroglio” l’invito a esaminare il rapporto costi-benefici. Ripamonti (Centro Astalli): «Spesso consideriamo solo la nostra paura». Presentazione organizzata dalla Caritas

«Un libro che parla degli italiani, popolazione che nell’arco di una generazione ha vissuto l’impatto dell’immigrazione e che deve ancora metabolizzarne gli effetti». Così il sociologo Fabrizio Battistelli, docente alla Sapienza Università di Roma e presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio disarmo, ha presentato il suo ultimo libro “La rabbia e l’imbroglio. La costruzione sociale dell’immigrazione”, nell’incontro organizzato dalla Caritas di Roma ieri, lunedì 18 novembre, nella sala “Ugo Poletti” del Vicariato. L’iniziativa, promossa nell’ambito del concorso “Un incontro, una storia”, ha visto l’autore dialogare con don Benoni Ambarus, direttore dell’organismo diocesano, e padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli.

Scopo del saggio, ha spiegato il sociologo, è quello di analizzare «l’immigrazione come tema emotivamente coinvolgente e visto come strumento per raggiungere obiettivi utilitaristici: l’incremento dell’audience dei media e dei consensi ai partiti». Per Battistelli, «l’ottica della cospirazione dei politici sovranisti» e la «superficialità con cui le forze progressiste hanno affrontato il tema» hanno fatto dell’immigrazione un argomento di propaganda in cui l’opinione pubblica viene influenzata attraverso degli slogan. «L’apporto degli immigrati – ha spiegato – dovrebbe misurarsi con un’analisi costi-benefici. Parlare solo dei problemi e non mettere in luce l’apporto che questi danno fa nascere la rabbia».

Per padre Camillo Ripamonti «il fenomeno è vissuto come una minaccia perché l’intenzione dei migranti viene letta dai politici sono in senso negativo. Spesso – ha detto il gesuita – consideriamo solo la nostra paura dimenticandoci il timore vissuto dai chi è in fuga da guerre e violenze. Ignoriamo la loro difficoltà e le sofferenza per essere percepiti come una minaccia e un pericolo». Il presidente del Centro Astalli ha poi confermato come «negli ultimi mesi, nei rifugiati che accogliamo, sono aumentati l’insicurezza e il malessere». Quindi ha sottolineato come l’analisi costi-benefici, che l’autore approfondisce nel saggio, è fondamentale per avere maggiore consapevolezza del fenomeno. «Molti benefici dell’immigrazione – ha detto – sono però impercettibili per la gente perché avvengono a livello macro. I disagi al contrario, seppur minori, hanno un impatto nella vita di tutti i giorni, nel quartiere in cui si abita».

Un’analisi su quanto avvenuto negli ultimi mesi è stata fatta da don Benoni Ambarus, direttore della Caritas. «Ci siamo schiacciati a discutere in modo ideologico tra chi era a favore e chi contro l’accoglienza, senza sviluppare un pensiero e senza approfondire le cause». Per don Ambarus «sono stati molti i segnali di disagio che abbiamo sottovalutato: il rancore nelle periferie e le proposte “strambe” di alcuni politici che pensavamo innocue e demagogiche». Per il direttore, in periodi di crisi «di relazioni prima ancora che economica», le persone chiedono di essere «riconosciute». Le esperienza di Tor Sapienza e Casal Bruciato a Roma, con le rivolte contro migranti e rom, per don Ambarus «nascono tra popolazioni che si sentono abbandonate dalle istituzioni».

Il direttore della Caritas ha infine ricordato il concorso “Un incontro, una storia” che si concluderà il prossimo 20 gennaio e ha l’obiettivo di raccogliere le storie di persone migranti che vivono nella Capitale. «L’iniziativa – ha detto – vuole far calare il tema dell’immigrazione nel vissuto delle persone, per creare un’occasione d’incontro fra differenti culture e ridurre la diffidenza».

19 novembre 2019