Gli esercizi spirituali della Curia

L’apertura il 10 marzo, nella Casa Divin Maestro (Ariccia). Guida il benedettino olivetano dom Bernardo Francesco Maria Gianni, abate di San Miniato

«Auguro a tutti che il cammino quaresimale, da poco iniziato, sia ricco di frutti; e vi chiedo un
ricordo nella preghiera per me e per i collaboratori della Curia romana, che questa sera inizieremo
la settimana di esercizi spirituali». Sono le parole pronunciate ieri, domenica 10 marzo, da Papa Francesco al termine della preghiera dell’Angelus, a poche ore dall’inizio degli esercizi spirituali della Curia, nella Casa Divin Maestro di Ariccia, fino a venerdì 15 marzo. A tenere le meditazione, un benedettino olivetano: dom Bernardo Francesco Maria Gianni, classe 1968, toscano, dal 2015 abate dell’abbazia di San Miniato al Monte di Firenze. Tema degli esercizi: “La città dagli ardenti desideri. Per sguardi e gesti pasquali nella vita del mondo”. In questi giorni, il Papa interromperà tutte le udienze, compresa l’udienza generale di mercoledì 13 marzo, sesto anniversario della sua elezione.

I temi delle meditazioni che il monaco benedettino ha preparato per gli esercizi della Curia ripercorrono una poesia di Luzi del 1997: “Siamo qui per questo”. Parlando ai microfoni di Radio Vaticana Italia, l’abate ha sottolineato che il tema «era davvero quello che corrispondeva meglio alla mia e alla nostra vita di monaci che vivono in un monastero proteso verso il Signore, come ogni monastero, ma con la città perennemente presente nel nostro sguardo. Ho pensato potesse essere utile la capacità di rileggere monasticamente la tensione fra il nostro cuore radicato nel Signore, nel mistero, nella liturgia, nella vita fraterna, nel lavoro, nei caratteri forti dell’esperienza benedettina, e questo sguardo rivolto alla città. E siccome Papa Francesco ha scritto, soprattutto nella Evangelii gaudium, riflessioni molto belle sulla ricerca di Dio proprio nella città, ho pensato che questo potesse essere un tema cerniera fra le legittime aspettative del Papa e dei suoi collaboratori, che non sono monaci, e la verità della mia e della nostra vita come comunità monastica».

La poesia di Mario Luzi, ha spiegato ancora dom Gianni, «ha il grandissimo pregio di saper dire, con l’essenzialità e l’efficacia della grande poesia, tutto quello che è la tensione fra memoria e speranza, fra fraternità e durezza del presente, fra una certa rassegnazione che il poeta assimila a una cenere quasi estinta e, al contrario, la possibilità di trovarci sotto il fuoco e la brace con cui attizzare di nuova carità e di nuovi desideri la vita della gente, della cittadinanza».

11 marzo 2019