Giubileo istituzioni, Vallini: «Sia un ricominciare: il Paese ne ha bisogno»

La celebrazione nella basilica lateranense. Fra i partecipanti, il neo sindaco Raggi. Il gesuita Occhetta: «È il servizio che ci rende potenti»

La celebrazione dopo il passaggio della Porta Santa della basilica lateranense. Fra i partecipanti, il sindaco Raggi alla sua prima uscita. Il gesuita Occhetta: «È il servizio che ci rende potenti»

«Cosa significa abitare la soglia?». È questa la domanda che il gesuita padre Francesco Occhetta rivolge agli uomini e alle donne impegnati nelle istituzioni pubbliche in occasione del Giubileo a loro dedicato, mercoledì 22 giugno alla Pontificia Università Lateranense. Presenti la presidente della Camera Laura Boldrini, poi i ministri Beatrice Lorenzin, Maria Elena Boschi, Stefania Giannini, Marianna Madia, Angelino Alfano. Tra gli altri anche Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, il vicepresidente del senato Maurizio Gasparri e il governatore della regione Lazio Nicola Zingaretti. E poi la neo sindaco Virginia Raggi, alla sua prima uscita pubblica. Folta la presenza anche di altri rappresentanti dei partiti e delle istituzioni, tra cui l’ex primo cittadino della Capitale Gianni Alemanno. Ad accoglierli, il vescovo Lorenzo Leuzzi, rettore della Chiesa di San Gregorio Nazianzeno alla Camera dei deputati. «Il Giubileo – commenta – dà testimonianza che è possibile fare comunione tra le diverse istituzioni al di là delle differenze di ruoli e prospettive politiche».

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Padre Occhetta, nella sua meditazione, ha mostrato le tante ferite del nostro tempo che impongono coraggio e responsabilità. In primo piano, i migranti, l’usura, le difficoltà dei giovani, l’invecchiamento della popolazione. «La soglia – ha ribadito il gesuita – va attraversata per dare vita al mondo». Inoltre ha invitato ad andare nei luoghi del dolore: ospedali, carceri, mense, piazze, centri di accoglienza. Ma anche nei luoghi del proprio agire quotidiano: l’ufficio, la famiglia, il quartiere. «Si vede ciò che si conosce interiormente. Fate una grande contemplazione dei luoghi che amministrate, dove la gente vive, spera e soffre. Se lo fate uscirete trasformati e la vostra politica sarà trasformata», ha aggiunto padre Occhetta. Ancora, «abbiamo bisogno di ritrovare fiducia, di rilanciare un sogno. È necessaria coesione sociale per arretrare la crisi della politica travolta dagli individualismi, dalla corruzione e dal clientelismo». Il giubileo è, dunque, un tempo propizio per compiere atti di misericordia: saper vedere il dolore e dare risposte di bene. «Quando ti impegni a cambiare vita e fare il bene, Dio ti dà forza e coraggio e non ti lascia nella disperazione. È il servizio che ci rende potenti».

In silenzio, al termine della meditazione, una lunga processione dalla Lateranense si sposta verso la basilica di San Giovanni in Laterano, per attaversare la Porta Santa. In tutto, sono circa 500 i rappresentanti delle istituzioni pubbliche, politiche, amministrative e giudiziarie presenti. Quindi è il momento della Messa celebrata dal cardinale vicario Agostino Vallini. «Questa basilica – ha detto il porporato nella sua omelia – è cuore della fede cristiana, è un luogo carico di mistero, di forza spirituale che ci permette di farci sentire a casa. Questo momento sia un ricominciare: ne abbiamo bisogno nella vita del Paese. Tutti insieme. Uniti. È importante sostenersi per ricominciare un cammino».

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Il cardinale ha, dunque, sottolineato la pazienza di Dio che aiuta il popolo a ricominciare. Inoltre, ricordando la memoria liturgica di Giacomo Fisher e Tommaso Moro, ha ribadito il ruolo della coscienza personale. «Il primato di Dio e la responsabilità misurano le relazioni umane. Quando si è infedeli a Dio si smarrisce la strada. E questo capita, e capita spesso. Solo la luce della Parola può aiutare: è guida che segna il cammino». Sopratutto «quando si vuole fare da soli, sopraffatti da obiettivi che oscurano la luce di Dio, che rimane una figura sullo sfondo. È allora che la sua Parola non è più guida delle nostre azioni e luce che non illumina. La fede si fa arida, diventa marginale e si corre il rischio di smarrirsi di fronte alle tante domande della vita».

Il rischio è quello di perdersi, di fronte agli interrogativi della vita. «Chi siamo veramente; che sarà di noi; perché si soffre e si muore?. Domande – ha aggiunto il porporato – a cui la fede e il Vangelo sono in grado di dare una risposta. Perché la fiducia nel Signore dà forza, accompagna il nostro cammino e ci irrobustisce». Sono tanti i travagli personali e sociali, perché è «difficile vivere bene e vivere bene con se stessi in un tempo così complesso pieno di tante oscurità. È necessario tornare a quella scintilla dell’origine». Dunque, secondo Vallini, questa è la luce che aiuta a regolare le relazioni umane «in un contesto che ci fa soffrire soprattutto se vittime di cattiverie e violenze». Violenze che investono non solo la sfera personale. E, alzando lo sguardo, «è tanto il sangue innocente che scorre», ha aggiunto. Dove trovare la forza per cambiare la rotta? «Servono pochi, decisivi e fondamentali valori. La presenza di Dio che dà pace, la rettitudine della coscienza, la coerenza di vita e un cuore aperto alla Misericordia».

23 giugno 2016