Giubileo, Delle Foglie: «Un disastro nell’accoglienza ci infangherebbe tutti»

All’indomani delle dimissioni del sindaco Marino il direttore dell’Agenzia Sir auspica per la Capitale una classe dirigente capace di progettare il futuro

All’indomani delle dimissioni del sindaco Ignazio Marino il direttore dell’Agenzia Sir auspica per la Capitale una classe dirigente capace di interpretare un progetto di futuro

Una classe dirigente «figlia della migliore politica, capace di interpretare un progetto di futuro». Per il direttore dell’Agenzia Sir Domenico Delle Foglie è di questo che ha bisogno la Capitale, oltre che, naturalmente, come «ogni città e sino all’ultima contrada del nostro Paese», di «un sindaco che l’ami». Lo scrive in una nota, all’indomani delle dimissioni del sindaco di Roma Ignazio Marino, rassegnate nella sera di giovedì 8 ottobre. Una classe dirigente, prosegue, «capace di non farsi dettare l’ordine del giorno né dai poteri forti né dalla piazza manovrata; di tagliare i ponti con il malaffare, di alzare la guardia senza perciò paralizzare la normale attività amministrativa, di ripulire e scrostare la macchina burocratica, di scegliere il personale con l’accuratezza che merita un servizio pubblico». Di avere, insomma, «piena consapevolezza del proprio ruolo guida in un territorio baciato dalla cultura e dalla bellezza».

Spesso la politica, «è il caso recente di Roma», non è riuscita a proporre «una personalità dall’indiscusso profilo amministrativo, capace di governare secondo un progetto di Città Capitale e non sull’onda del pur giustificato moralismo giustizialista. Se si ripartirà con lo stesso piede sbagliato, l’insuccesso sarà assicurato – continua il direttore del Sir -. Di sicuro, il futuro di Roma merita un dibattito pubblico ampio e articolato». Delle Foglie ricorda poi la «missione storica» della Capitale: quella di essere «porta d’ingresso alla sede della cristianità. Non serve piaggeria», commenta ricordando come anche Papa Francesco «giustamente» la disprezzi. Basta il «semplice rispetto per le donne e gli uomini di fede che a Roma vengono per pregare. Come pellegrini per il Giubileo, come è accaduto nei secoli che abbiamo alle spalle. Semplice? Niente affatto. Semplicemente dovuto». In gioco, mette in guardia, c’è «la faccia di tutti noi italiani, non solo dei romani. Se il successo dell’Expo di Milano ci onora tutti – rileva -, un disastro nell’accoglienza per il Giubileo di Roma ci infangherebbe tutti».

9 ottobre 2015