Giubileo delle corali: preghiera e festa intorno alla musica

Marco Frisina racconta la tre giorni culminata con la celebrazione giubilare a San Pietro. «Il canto può essere una forma di nuova evangelizzazione»

Marco Frisina racconta la tre giorni culminata con la celebrazione giubilare a San Pietro. «Il canto può essere una forma di nuova evangelizzazione»

Quasi diecimila tra coristi e animatori liturgici provenienti da tutta Italia e dall’estero hanno partecipato al Giubileo delle Corali organizzato da Nova Opera Onlus e dal Coro della diocesi di Roma. Tre giorni di eventi conclusi ieri, domenica 23 ottobre, dalla Messa celebrata nella basilica di San Pietro dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione.

La musica è un linguaggio universale: qual è il significato di questo evento?
Prima di tutto – risponde monsignor Marco Frisina, direttore del Coro della diocesi di Roma – è stato un momento di incontro tra persone di tutta Italia. Ma soprattutto è stata l’occasione per riflettere e pregare sul ministero proprio dei coristi. Normalmente il nostro ruolo è quello di aiutare gli altri a pregare: questa volta abbiamo voluto meditare sul nostro servizio liturgico. Devo dire che sono state giornate bellissime, durante le quali abbiamo potuto anche far festa intorno alla musica, alla coralità.

giubileo_coraliGiornate scandite da diversi avvenimenti.
Venerdì – spiega Frisina – abbiamo avuto la parte più formativa, con il convegno “Cantare la misericordia”, nel quale i relatori hanno affrontato le tematiche fondamentali della vita ministeriale dei cori. Sabato c’è stata la partecipazione all’udienza generale con il Papa e nel pomeriggio il concerto in cui tutti hanno cantato.

Concerto diretto da lei…
Sì ed è stato abbastanza particolare. In serata è stato trasmesso da Tv2000 e ho potuto rivedere qualcosa, perché nel pomeriggio avevo altri pensieri! Devo dire che sono rimasto colpito dal numero e dall’entusiasmo dei partecipanti e mi sono emozionato. Tra l’altro era la memoria liturgica di san Giovanni Paolo II: la data scelta non era casuale, lo abbiamo voluto ricordare.

Momento conclusivo il Giubileo vero e proprio.
Abbiamo attraversato la Porta Santa e la basilica di San Pietro era tutta per noi. Abbiamo cantato ancora una volta tutti insieme e dopo la Messa abbiamo partecipato all’Angelus del Papa che ci ha rivolto un saluto particolare. È stato davvero tutto molto bello. Nella sua omelia, monsignor Fisichella ha ricordato che il nostro servizio è quello del canto, che non è una cosa secondaria, nella vita della Chiesa. Il canto può essere realmente una forma di nuova evangelizzazione. Poi ha citato le “Confessioni” di sant’Agostino: «Quando mi tornano alla mente le lacrime che canti di Chiesa mi strapparono ai primordi della mia fede, e la commozione che ancora oggi suscita in me non il canto, ma le parole cantate, se cantate con voce limpida e la  modulazione più conveniente, riconosco profondamente l’utilità di tutto questo. Un canto fatto a Dio strappa le lacrime della conversione, perché può commuovere il cuore, può renderlo più vicino a Dio».

Monsignor Frisina, qual è il ricordo che le resterà impresso di questo Giubileo?
Sinceramente l’emozione che mi ha dato il concerto di sabato quando ci ha salutato il cardinale Dziwisz. Incontrarlo nel giorno della festa di san Giovanni Paolo II è stato come incontrare una reliquia vivente. Ci ha ricordato qualcosa di quel Papa santo e tra l’altro avevamo appena cantato l’inno “Aprite le porte a Cristo”. Un momento indimenticabile. Per me comunque – conclude Frisina – è stato stupendo anche incontrare cori e persone che altrimenti non avrei potuto conoscere, di parrocchie dei paesi sparsi per l’Italia e non solo, visto che c’erano animatori provenienti da Brasile, Spagna, Malta… Persone che con fatica e impegno portano avanti un ministero importantissimo: questo ti dà la voglia di lavorare per assisterli e per servire meglio la Chiesa di tutto il mondo. (Andrea Acali)

24 ottobre 2016