Giovanni Paolo II, Papa della Misericordia, dono per la Chiesa

Nel primo anniversario della canonizzazione, la Messa in San Pietro presieduta dal cardinale Dziwisz, segretario particolare del pontefice polacco

Nel primo anniversario della canonizzazione, la Messa nella basilica di San Pietro presieduta dal cardinale Dziwisz, segretario particolare del pontefice polacco

«Il Papa della Divina Misericordia». Per il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, per lunghi anni segretario particolare di Giovanni Paolo II, è così che può essere ricordato il pontefice polacco. Lo ha spiegato ieri, lunedì 27 aprile, celebrando la Messa all’altare della Cattedra di san Pietro, nella basilica vaticana, nel primo anniversario della canonizzazione. A dieci anni dalla morte di Giovanni Paolo II, ha osservato, «vediamo sempre meglio cosa egli abbia apportato alla vita della Chiesa e cosa resiste alla prova del tempo». In particolare, l’arcivescovo di Cracovia ha focalizzato la sua attenzione sull’insegnamento della “Dives in misericordia”, la seconda enciclica di Giovanni Paolo II, di cui parla anche Francesco nella bolla “Misericordiae vultus”. «È stata una grande insegnamento», con cui il pontefice «rilevava la dimenticanza del tema della misericordia nella cultura dei nostri giorni». Di fatto, ha osservato il porporato, «senza misericordia il nostro mondo diventa ancora più disumano»; di qui «le profetiche parole e decisioni di san Giovanni Paolo II, di porre al centro della vita della Chiesa di oggi la realtà della divina ed umana misericordia».

Papa della Misericordia, dunque, ma anche «profeta delle cause riguardanti il matrimonio e la famiglia», già ai tempi di Cracovia, fino alla stesura dell’esortazione “Familiaris consortio”. Oggi, ha osservato Dziwisz, «la Chiesa continua a vivere la questione della famiglia, come è dimostrato dal successivo Sinodo dei vescovi che affronta questo problema e questa sfida». Ancora, «indubbiamente profetico», per il cardinale, fu «il modo di Giovanni Paolo II di accostarsi al mondo dei giovani», così come l’intuizione delle Giornate mondiali della gioventù – il prossimo appuntamento nel 2016 proprio a Cracovia – pensate come «una grande festa della fede della Chiesa, che si ravviva e rinnova in ogni generazione, in ogni cuore umano conquistato da Cristo e per Cristo». 
Uomo «di preghiera, di contemplazione e di azione», Karol Wojtyla «dedicò il suo pontificato a introdurre nella vita della Chiesa gli insegnamenti del Concilio», ha ricordato ancora il porporato. «Fu un mistico del servizio. Gesù Cristo fu il suo grande amore e questo amore ha preso forma di un instancabile servizio alla Chiesa e al mondo. Si fece tutto a tutti. Giunse con la Buona Novella ai più lontani confini del nostro globo», come «Papa pellegrino». Ripercorrendo le tappe principali della sua vita, il suo segretario particolare ha ricordato, quattro anni fa, la prima tappa dell’elevazione alla gloria degli altari. «La decisione di Benedetto XVI venne alla fine ratificata un anno fa da Papa Francesco, che portò a termine l’opera a cui aveva dato inizio la voce del popolo di Dio: ‘Santo subito». In questo grido, per l’arcivescovo di Cracovia, «si può vedere il desiderio che il Papa santo non rimanesse solo nelle pagine della storia della Chiesa ma accompagnasse gli odierni discepoli del Signore crocifisso e risorto per le vie della fede, della speranza e della carità nel nostro mondo agitato». Come un «dono, che arricchisce tutta la Chiesa». 
Il ricordo vivo del Papa polacco «è rimasto nella vita della Chiesa». Eppure, per il porporato, è necessario non vivere «solo di ricordi». Soprattutto davanti alle nuove sfide del mondo. «Se vogliamo rimanere fedeli all’eredità di Giovanni Paolo II – ha detto il cardinale – dovremmo coraggiosamente camminare per la strada dell’amore di Dio e del prossimo, cioè per la strada della santità. Questo è il compito quotidiano posto davanti a noi».
28 aprile 2015