Giovanni Frignani, “L’uomo che arrestò Mussolini”

In libreria il libro di Avagliano sul «resistente cattolico e liberale» in prima linea nella lotta contro l’occupazione nazista. Una «biografia resistenziale dell’anima» e un «antidoto alla violenza»

Nel sacello numero 86 del Mausoleo delle Fosse Ardeatine riposano le spoglie del tenente colonnello dei carabinieri Giovanni Frignani. Coordinò l’operazione che il 25 luglio 1943 portò all’arresto di Benito Mussolini. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 organizzò il Fronte militare clandestino di resistenza, nucleo in prima linea nella lotta contro l’occupazione nazista. Il 23 gennaio 1944 fu arrestato, condotto in via Tasso e torturato a lungo. Il 24 marzo 1944 il suo nome fu inserito nella lista dei 335 uomini uccisi dalle truppe naziste nelle cave di pozzolana in via Ardeatina in risposta all’attacco partigiano di via Rasella che il giorno precedente aveva provocato la morte di 33 soldati tedeschi. Con Frignani, insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, sono stati 12 i carabinieri uccisi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

La sua storia, minuziosamente ricostruita attraverso lo studio dei documenti degli atti processuali – memoriali, fotografie, lettere dei familiari e testimonianze dei parenti ancora in vita -, è raccontata nel libro dello storico Marco Avagliano intitolato “L’uomo che arrestò Mussolini. Storia dell’ufficiale dell’Arma Giovanni Frignani. Dalla Grande Guerra alle Fosse Ardeatine” edito da Marlin Editore e in libreria dal 21 marzo. Il volume è stato presentato sabato 22 marzo nella Casa della Partecipazione, nel quartiere San Lorenzo. Pubblicato nell’81° anniversario dell’eccidio, è un testo che l’autore ha «ritenuto necessario» per far conoscere una «biografia resistenziale dell’anima», per portare alla luce «la figura di un resistente cattolico e liberale» e far comprendere, soprattutto alle giovani generazioni, che «la nostra democrazia nasce nelle celle di via Tasso, nelle Fosse Ardeatine, nasce grazie a tutti coloro che hanno lottato per la libertà. Il libro è un antidoto alla violenza. È l’ignoranza che genera i mostri, non la conoscenza. Conoscere i martiri delle Fosse Ardeatine ci dimostra il valore plurale della Resistenza».

La serata, moderata dal giornalista Ruggero Po, è stata promossa dal II municipio che vanta «un incredibile patrimonio di testimonianze – ha affermato l’assessore municipale Valentina Caracciolo -. È un territorio che ha ospitato grandi uomini e donne. Le persone che lo abitano sentono il dovere di tenere viva la memoria, specie a San Lorenzo, quartiere simbolo della Resistenza». Nel libro sono riportate le lettere che Giovanni Frignani scrisse alla moglie Lina durante la prigionia in via Tasso. «Ricordano le missive che Aldo Moro scrisse alla moglie Eleonora durante il sequestro», ha commentato Caracciolo.

Pur basandosi su eventi reali, il libro si distingue per la sua capacità di catturare l’attenzione del lettore «grazie alla sua impostazione storica arricchita da un linguaggio narrativo che ricorda quello di un romanzo – ha riflettuto Anna Balzarro, direttrice dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza (Irsifar) -. Si sviluppa come una sorta di spy story, in cui si intrecciano numerosi personaggi», come il fratello di Giovanni Frignani, Giuseppe, fascista, sottosegretario al ministero delle Finanze e uomo di fiducia di Mussolini. «Due fratelli che prendono strade completamente diverse – ha proseguito Balzarro esponendo il libro -. Fascista e dalla vita movimentata Giuseppe, carabiniere e cattolico osservante Giovanni». Altra figura importante è quella della tedesca Elena Hoehn, che aveva avuto una relazione con Giuseppe, nella cui casa fu arrestato Giovanni.

Francesco Albertelli, presidente nazionale dell’Associazione nazionale famiglie italiane martiri (Anfim) – ente che gestisce le Fosse Ardeatine -, si è soffermato sull’importanza di raccontare la storia dei protagonisti della seconda guerra mondiale per «conoscere tante figure straordinarie. È fondamentale studiare e approfondire la vita di questi eroi». Ha inoltre annunciato che l’Anfim sta realizzando un archivio audiovisivo con le interviste ai figli degli uomini uccisi alle Fosse Ardeatine. Anna Maria Casavola, direttrice di “Noi dei Lager”, rivista dell’Associazione nazionale ex internati (Anei), ha ricordato quella che è passata alla storia come “la giornata della caccia al carabiniere”, il 7 ottobre 1943. «Da Roma furono deportati 2mila, forse 2.500 carabinieri diventati pericolosi come gli ebrei, i clandestini, i sovversivi, e chi li ospitava si esponeva a pericoli gravissimi», ha ricordato. Oltre 600 non tornarono più. L’operazione avvenne nove giorni prima del rastrellamento del ghetto ebraico compiuto dai nazisti il 16 ottobre 1943. Nei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau furono deportati 1.024 ebrei romani. «I carabinieri che si erano sottratti alla cattura – ha concluso Casavola – furono costretti a vivere nascosti, allo sbando, nutriti dalla carità dei romani».

24 marzo 2025