“Giovani e droga”: il punto sulla realtà romana

Il convegno promosso dalla diocesi. Bolognese: consumo «drammaticamente aumentato». Don Coluccia: «Tante le piazze di spaccio, dove mancano le alternative»

Se ne parla poco. Quando lo si fa si minimizza il problema o, peggio ancora, si nascondono i danni che provoca alla salute. Parliamo dell’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope tra giovani e giovanissimi. Sabato 14 ottobre il convegno “Giovani e droga a Roma”, promosso dalla diocesi, ha fatto luce su «un fenomeno sociale e sociologico» che oggi ha assunto «dimensioni preoccupanti». Dati raccapriccianti riferibili a una piaga che infetta le nuove generazioni già nelle scuole elementari, che potrebbero essere ribaltati dalla volontà del mondo ecclesiale, scolastico e medico-scientifico di unire le forze per sensibilizzare i ragazzi.

«Ci siamo messi in ascolto di una situazione che conoscevamo per sommi capi – ha detto il vicegerente Baldo Reina -. La risposta della diocesi di Roma non è una risposta magica ma di attenzione a quello che accade intorno a noi. Insisteremo sulla prevenzione, chiederemo ai nostri oratori e aggregazioni giovanili di fare in modo che i dati circolino perché i giovani hanno il diritto di crescere sani e di sapere cosa accade quando fumano uno spinello». Già questa mattina, lunedì 16 ottobre, gli organizzatori del convegno si incontreranno «per fare una valutazione della mattinata di sabato e approntare i passi successivi – ha aggiunto il vescovo -. Vorremmo coinvolgere i prefetti di settore, i parroci, i formatori, le associazioni sportive. È l’inizio di un cammino che ci auspichiamo sia proficuo». All’incontro, svoltosi nell’aula magna del Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università Roma Tre, hanno partecipato anche i vescovi ausiliari Benoni Ambarus, Dario Gervasi e Daniele Libanori.

L’andamento di consumo di sostanze che provocano dipendenze tra i giovani è «drammaticamente aumentato», ha chiosato Antonio Bolognese, dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Roma e provincia, responsabile scientifico del gruppo multidisciplinare di lavoro per la prevenzione, valutazione e divulgazione delle conseguenze prodotte dalla dipendenza di sostanze psicotrope. Nell’ultimo anno, stando alla relazione del dipartimento delle politiche antidroga, l’uso di cannabis nella fascia d’età tra i 15 e i 19 anni è aumentata dal 18,7 al 27,9%. Il gruppo di lavoro cerca di incontrare e sensibilizzare anche gli alunni di 4ª e 5ª elementare. «Sappiamo che le organizzazioni che vogliono creare dipendenze si rivolgono a una fascia d’età sempre più giovane», ha spiegato nell’incontro moderato dalla giornalista Rai Francesca Ronchin. Bolognese ha inoltre sfatato numerosi falsi miti sui cannabinoidi: a differenza di quanto si pensi fanno parte delle droghe pesanti (rispetto agli anni ‘90 il livello del principio attivo Thc è cresciuto dal 3-5% al 20-25%), creano dipendenze e disturbi della personalità, compromettono la salute, anche quella mentale. «Non possiamo vincere la guerra contro la droga – ha affermato Bolognese – ma il nostro obiettivo è intercettare i ragazzi prima che ne facciano uso». Ma non preoccupa solo la cannabis. «A Roma l’Mdma-ecstasy è una droga epidemica tra giovanissimi», ha rimarcato Alessandro Vento, psichiatra dell’Asl Roma 2 e responsabile dell’osservatorio sulle dipendenze. «L’assunzione crea problemi enormi che vanno raccontati ai giovani – ha proseguito -. Se la rete scientifica si associa con la scuola e la diocesi è possibile fare un grande lavoro di prevenzione».

Il problema potrebbe essere aggirato offrendo ai ragazzi alternative “sane”. È la proposta di Fabio Cannatà, dirigente scolastico dell’istituto superiore Ambrosoli di Centocelle, «territorio dove la droga circola spudoratamente». Per il preside è necessario impegnarsi per abitare quei «vuoti di senso» che i ragazzi avvertono e nei quali si infiltrano le organizzazioni criminali, riempiendoli con le loro sostanze. «Mi piacerebbe che i giovani avessero un altro luogo dove poter trascorrere le ore pomeridiane – ha affermato -. Un luogo che dialoghi con la scuola e che a casa i genitori si sentano supportati». Se ci fossero più risorse e la scuola potesse contare su un numero maggiore di personale, a partire dai bidelli, «sarebbe bello tenere la scuola aperta fino al tardo pomeriggio – ha detto ancora Cannatà – o intercettare i ragazzi nelle piazze. Bisogna affiancarli, offrire loro delle alternative. Nessuno può farcela da solo».

Dello stesso parere don Antonio Coluccia, vice parroco di San Filippo Apostolo, da anni impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata. «A Roma il narcotraffico è qualcosa di spaventoso – ha dichiarato -. Per questo sono tante le piazze di spaccio, specie dove ci sono sacche di povertà abbandonate dallo Stato. Persone che non hanno nulla e che sono completamente assoggettate alle organizzazioni criminali. Mancano le alternative, manca una cultura della bellezza». A tal proposito Andrea, 19enne, studente del liceo musicale Seraphicum, ha spiegato che, per “toglierlo dalla strada”, i genitori gli hanno sempre fatto frequentare corsi dopo scuola. È in aula che avverte mancanza di coinvolgimento. «Non sempre a scuola i docenti ci motivano – ha spiegato -, non tutti destano il nostro interesse durante le ore di lezione. Alcuni si limitano a spiegare e basta».

Nelle aule dell’università sono state presentate anche quattro best practice attive a Roma, come l’Ospedale da Campo per giovani, che attraverso otto progetti intercetta i ragazzi nei loro luoghi di ritrovo abituali.

16 ottobre 2023