«Un gesto così tragico ci mette di fronte al mistero che ogni persona umana custodisce nella sua mente e nel suo cuore». L’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato commenta così la vicenda del trentenne che si è tolto la vita, lasciando ai genitori una lettera in cui scriveva, tra l’altro, di essere «stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere… Di no come risposta non si vive, di no si muore». E proprio ai genitori si estende, come in un abbraccio, la preghiera del presule per «questo giovane, che cercava serenità e pace per il suo animo tormentato dalle fatiche della vita».

Le motivazioni ultime le «vede solo Dio»: noi «non riusciamo a capire». Per Mazzocato quello di questo ragazzo è come «un grido ultimo che esce dal suo mistero interiore. Per tanti motivi – aggiunge – le sue parole non possono non scuoterci». Soprattutto, osserva, spingono a «non abituarci alla situazione in cui vivono oggi tanti giovani che per mancanza di lavoro e per altri motivi faticano a vedere prospettive di speranza all’orizzonte». Giovani che «rischiano di diventare come invisibili all’opinione pubblica mentre ci sono, soffrono e aspettano di essere ascoltati».

La strada che indica il vescovo allora è proprio quella dell’«ascolto» e della «vicinanza», che «possono anche diradare le nebbie della solitudine che sono sempre pericolose e possono condurre, un po’ alla volta, a pensieri e gesti irrimediabili. Ognuno, per la sua parte, contribuisca a rendere più concreta la rete della solidarietà».