Giorno della memoria, l’impegno a «maggiore vigilanza»

La ricorrenza il 27 gennaio. Sant’Egidio: «Più attenzione davanti alla crescita di pregiudizi antisemiti e razzisti, accompagnati spesso da azioni violente»

«A 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, il Giorno della Memoria – che si celebra lunedì 27 gennaio – non è una semplice commemorazione, ma richiama le istituzioni e i cittadini ad una maggiore vigilanza di fronte alla crescita dei pregiudizi antisemiti e razzisti, accompagnati spesso da azioni violente e discriminatorie». È la Comunità di Sant’Egidio, in una nota, a ricordare la ricorrenza del 27 gennaio. Aggiungendo: «Suscita preoccupazione e allarme anche l’affermazione, specie tra i giovani, di movimenti nazionalisti, sovranisti e xenofobi in diversi Paesi europei, compresa l’Italia. Occorre favorire a tutti i livelli, a partire dalle scuole e dalle università, la risposta più efficace all’odio, che è rappresentata dalla cultura. È necessario che si diffonda una maggiore conoscenza della storia ma anche delle persone: si odia chi si considera “diverso” perché non lo si è mai incontrato. Anche per contrastare il sempre più preoccupante linguaggio dell’odio che corre sul web e contagia tanti».

Ancora, evidenziano da Sant’Egidio, «occorre ricordare che la riflessione sulla Shoah è stata determinante per la pace e la riconciliazione in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Ma il ricordo dell’abisso di Auschwitz non appartiene solo al passato. Costituisce al contrario un monito ineludibile per il nostro continente: nel momento in cui vanno scomparendo i sopravvissuti e i testimoni di quella immensa tragedia è un dovere di tutti raccogliere la loro memoria e trasmetterla alle future generazioni. Un impegno fondamentale di fronte ad un antisemitismo che si fa minaccioso – e non solo a parole – come dimostrano i recenti attacchi alle comunità ebraiche a Halle, in Germania, e a Monsey, negli Stati Uniti».

Un invito a «raccogliere il testimone dei sopravvissuti» arriva anche dalla Casa della Carità di Milano, guidata da don Virginio Colmegna. «Sono sempre di meno i testimoni viventi della Shoah – afferma il sacerdote -. La stessa senatrice a vita Liliana Segre, ha annunciato che, dopo 30 anni, interromperà gli incontri nelle scuole, pur continuando il suo impegno di testimonianza. Ora – prosegue don Colmegna – tocca a tutti noi raccogliere il testimone di Liliana Segre e quello degli altri sopravvissuti e continuare a parlare ai giovani, perché le cause che hanno portato a quella tragedia – odio, discriminazioni e indifferenza – non sono ancora state sconfitte. È sempre più necessario far vivere una cultura di pace, che si nutra dei valori della solidarietà, della giustizia, della fraternità e immetta un’energia positiva che arrivi soprattutto a ragazze e ragazzi».

Per il presidente della Casa della carità, «è richiesto un grande lavoro educativo nelle scuole, nei momenti di aggregazione, nei luoghi dove si opera la solidarietà, al quale Casa della carità non vuole sottrarsi». Fare memoria, prosegue, «significa inoltre far luce su una storia rimossa, tanto da non essere nemmeno menzionata nella legge che in Italia ha istituito il Giorno della Memoria: lo sterminio, insieme a quello di milioni di ebrei, di 500 mila Rom e Sinti europei. Riconoscere ufficialmente a livello istituzionale il Porrajmos, oltre a restituire dignità alle centinaia di migliaia vittime e ai loro familiari – conclude -, contribuirebbe a costruire un presente e un futuro di piena cittadinanza per le popolazioni rom e sinte del nostro Paese».

24 gennaio 2020