Giorno del ricordo, Mattarella: «Nessuno deve temere la verità»

L’intervento del presidente della Repubblica nelle celebrazioni del 10 febbraio al Quirinale. «Il nazionalismo esasperato produce una spirale di violenza e guerra»

«Sono passati quasi vent’anni da quando il Parlamento istituì, con una significativa ampia maggioranza, il Giorno del ricordo, dedicato al percorso di dolore inflitto agli italiani di Istria, Dalmazia, Venezia Giulia sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi nella drammatica fase storica legata alla seconda guerra mondiale e agli avvenimenti a essa successivi». Lo ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella questa mattina, 10 febbraio, al Quirinale, nelle celebrazioni per il Giorno del ricordo, facendo memoria delle «vessazioni e violenze dure, ostinate, che conobbero eccidi e stragi e, successivamente, l’epurazione attraverso l’esodo di massa. Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue – lo ha definito -, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e, in certi casi, persino negato. Come se le brutali vicende che interessarono il confine orientale italiano e le popolazioni che vi risiedevano da secoli rappresentassero un’appendice minore e trascurabile degli eventi della fosca epoca dei totalitarismi o addirittura non fossero parte della nostra storia».

Nell’analisi del capo dello Stato, «quel lembo di terra bagnato dall’Adriatico, dove per lungo tempo si è esercitata, con fatica e con fasi alterne, la convivenza tra etnie, culture, lingue, religioni, ha conosciuto, sperimentandoli e racchiudendoli, tutti gli orrori della prima metà del Novecento, passando – senza soluzione di continuità – dall’occupazione nazifascista alla dittatura comunista di Tito». Ha visto sorgere sul proprio suolo «i simboli agghiaccianti degli diversi totalitarismi: le Foibe, il campo di prigionia di Arbe, la Risiera di San Sabba». E proprio la legge sul Giorno del ricordo, ha osservato, «ha avuto il merito di rimuovere definitivamente la cortina di indifferenza e, persino, di ostilità che, per troppi anni, ha avvolto le vicende legate alle violenze contro le popolazioni italiane vittime della repressione comunista».

Grazie anche alla ricerca storica – è l’omaggio di Mattarella -, negli ultimi decenni sono emersi con chiarezza nomi e vicende delle vittime. «Le violenze anti-italiane, nella maggior parte dei casi, non furono episodi di, inammissibile, vendetta sommaria – ha rilevato -. Rispondevano piuttosto a un piano preordinato di espulsione della presenza italiana. Figure luminose, in quella terra martoriata – come il vescovo di Fiume e poi di Trieste/Capodistria Antonio Santin – non esitarono, dopo aver difeso la popolazione slava dall’oppressione nazifascista, a denunciare, con altrettanta forza d’animo, la violenza e la brutalità dei nuovi occupanti contro gli italiani».

Nelle parole del presidente, ancora, l’esortazione a liberarsi dalla paura. «Nessuno deve avere paura della verità – ha affermato -. La verità rende liberi. Le dittature, tutte le dittature, falsano la storia, manipolando la memoria, nel tentativo di imporre la verità di Stato. La nostra Repubblica – ha proseguito – trova nella verità e nella libertà i suoi fondamenti e non ha avuto timore di scavare anche nella storia italiana per riconoscere omissioni, errori o colpe». Il risultato: «La complessità delle vicende che si svolsero, in quegli anni terribili, in quei territori di confine, la politica brutalmente antislava perseguita dal regime fascista, sono eventi storici che nessuno oggi può mettere in discussione. Va altresì detto, con fermezza, che è singolare e incomprensibile che questi aspetti innegabili possano mettere in ombra le dure sofferenze patite da tanti italiani. O, ancor peggio, essere invocati per sminuire, negare o addirittura giustificare i crimini da essi subiti. Per molte vittime, giustiziate, infoibate o morte di stenti nei campi di prigionia comunisti, l’unica colpa fu semplicemente quella di essere italiani», ha sottolineato.

L’obiettivo delle celebrazioni di oggi è proprio «rendere onore a quelle vittime e, con loro, a tutte le vittime innocenti dei conflitti etnici e ideologici» ma anche «restituire dignità e rispetto alle sofferenze di tanti nostri concittadini. Sofferenze acuite dall’indifferenza avvertita da molti dei trecentocinquantamila italiani dell’esodo, in fuga dalle loro case, che non sempre trovarono rispetto e solidarietà in maniera adeguata nella madrepatria». La loro «scelta della libertà», nelle difficoltà del dopoguerra e nel clima della guerra fredda, non fu compresa, incontrando «ostacoli ingiustificabili». Oggi le loro sofferenze «non sono, non possono essere motivo di divisione nella nostra comunità nazionale. Al contrario, richiamo di unità nel ricordo, nella solidarietà, nel sostegno», ha aggiunto Mattarella. E ancora: «Ribadendo lo stupore e la condanna per inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo, segnalo che il rischio più grave di fronte alle tragedie dell’umanità non è il confronto delle idee, anche tra quelle estreme, ma l’indifferenza che genera rimozione e oblio».

Nella riflessione del presidente, «la storia ci ha insegnato che la differenza è ricchezza, non una malapianta da estirpare. Che i muri e i reticolati generano diffidenza, paura, conflitti. Che il nazionalismo esasperato, fondato sulla repressione delle minoranze, sulle pretese di superiorità o di omogeneità etnica di lingua e cultura, produce inevitabilmente una spirale di violenza e di guerra. Che le ideologie basate sulla negazione dei diritti individuali, in nome della superiorità dello Stato o di un partito, lungi dal risolvere le controversie, opprimono i cittadini e sfociano in gravissime tragedie. Che la prepotenza e l’uso della forza non producono mai pace e benessere, ma generano violenza e gravi ingiustizie». Oggi, ha sottolineato, 80 anni dopo «quella immane tragedia che colpì i nostri concittadini nelle zone di occupazione jugoslava», è possibile «guardare, con sguardo più limpido e consapevole, al grande, concreto, storico progresso politico, culturale, di amicizia e di cooperazione che la democrazia e il percorso europeo hanno recato in quelle zone un tempo martoriate da scontri etnici e ideologici». Progresso «ulteriormente consolidato dall’inserimento, da qualche giorno, della Croazia nel prezioso ambito di pienezza dell’Unione rappresentato dall’area Schengen».

Per Mattarella, «la civiltà della convivenza, del dialogo, del diritto internazionale, della democrazia è l’unica alternativa alla guerra e alle epurazioni, come purtroppo ci insegnano – ancora oggi – le terribili vicende legate all’insensata e tragica invasione russa dell’Ucraina», che ha definito «un tentativo inaccettabile di portare indietro le lancette della storia, cercando di tornare in tempi oscuri, contrassegnati dalla logica del dominio della forza. Così come – ha proseguito – la presenza di segnali ambigui e regressivi, con rischi di ripresa di conflitti, ammantati di pretesti etnici o religiosi, richiede di rendere veloce con coraggio e decisione il cammino dell’integrazione europea dei Balcani occidentali. Italia, Slovenia e Croazia, grazie agli sforzi congiunti e al processo di integrazione europea hanno fatto, insieme, passi di grande valore».

Da ultimo, il ricordo «commosso e partecipe» per i profughi e i loro familiari, vittime di prevaricazioni, eccidi ed esodo forzato da Istria, Venezia Giulia e Dalmazia. «Le loro sofferenze non dovranno, non potranno essere mai sottovalutate o accantonate», il monito il capo dello Stato, certo che «troveranno corrispondenza, rispetto e solidarietà a seconda di quanto saremo in grado di proseguire sulla strada di pace, di amicizia, di difesa della democrazia e dei diritti umani, intrapresa con l’approvazione della Costituzione Repubblicana, con la scelta occidentale ed europea, con la costante politica per il dialogo, la comprensione, la collaborazione tra i popoli».

10 febbraio 2023