Giornata mondiale Aids, il documento delle Caritas diocesane

Ribadito l’impegno di accoglienza e sostegno alle persone malate, che si unisce all’informazione e sensibilizzazione nelle scuole e nelle parrocchie

“Solidarietà globale, responsabilità condivisa”: si intitola così il documento della Caritas di Roma e delle Caritas delle altre diocesi italiane che partecipano al Tavolo nazionale Aids in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, che si celebra oggi, 1° dicembre. Giornata nella quale, si legge nel testo, «persone in tutto il mondo si uniscono per mostrare sostegno a coloro che sono affetti da Hiv e per ricordare quanti hanno perso la vita a causa dell’Aids». Sullo sfondo, la pandemia di Covid-19, che «mostra una volta di più come la salute sia collegata ad altre questioni critiche, come la riduzione della disuguaglianza, i diritti umani, l’uguaglianza di genere, la protezione sociale e la crescita economica».

I dati pubblicati ogni anno, dal 2012, dall’Istituto superiore di sanità raccontano di una diminuzione costante, anno dopo anno, del numero delle nuove diagnosi da Hiv, attualmente circa 2.600 all’anno.  Di contro però aumenta la quota di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l’infezione da Hiv, che arriva a sfiorare il 60%. «Fare diagnosi di infezione da Hiv  quando già il sistema immunitario è compromesso e il numero di linfociti CD4 è basso o, peggio, in presenza di sintomi – si lege ancora nel documento – complica le possibilità di recupero. Quando invece l’infezione viene individuata e trattata precocemente la prognosi è eccellente, malgrado non sia ancora possibile la guarigione definitiva».

Relativamente al rapporto tra test effettuati e casi registrati in Italia, le Caritas rilevano che «le persone con Hiv che si curano e hanno una carica virale non rilevabile, cioè con il virus che non è in circolo nell’organismo, non possono trasmettere l’infezione, neanche con rapporti sessuali non protetti. In Italia finora – proseguono – l’accesso alle terapie antiretrovirali è gratuito e aperto a tutti. L’utilizzo esteso delle terapie in tutte le persone con Hiv, a prescindere dal livello di compromissione del sistema immunitario, garantito negli ultimi anni, ha senz’altro ridotto il numero di infezioni recenti nei partner delle persone con carica virale soppressa. Ciò potrebbe spiegare in parte anche il fatto che aumentano percentualmente le diagnosi tardive: probabilmente stiamo continuando a vedere vecchie infezioni non riconosciute».

Con la pandemia di coronavirus però sono emerse «nuove problematiche». A iniziare da una «limitazione dell’accesso ai servizi di cura e assistenza presso i reparti di malattie infettive per le persone che vivono con Hiv». Ridotti anche molti servizi di offerta del test Hiv. «In questa recrudescenza della pandemia – è l’allarme lanciato dalle Caritas – vediamo nuovamente il rischio che vengano totalmente sospesi questi servizi. È necessario invece che vengano mantenuti spazi dedicati perché le persone con Hiv possano accedere alle visite col proprio medico infettivologo, in caso contrario non sarà possibile monitorare le se terapie continuano a essere efficaci e ad essere seguite in modo ottimale». Il rischio, avvertono, è quello di «vanificare i risultati ottenuti in anni di lavoro per favorire l’accesso alle terapie, con pazienti che possono aggravarsi, impattando significativamente sui costi del Servizio sanitario nazionale, e tornare ad avere una carica virale in grado di infettare altre persone».

L’invito allora è a «mantenere alta l’attenzione, perché questa situazione potrebbe proseguire molto a lungo comportando gravi danni alle persone con Hiv, e problemi sociali ed economici». Lo hanno segnalato le Agenzie di salute globali, Oms e Unaids, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, «che paventano il forte rischio di un fallimento degli obiettivi di sviluppo Sdg (Sustainable development goals) del 2030 ed evidenziano un passo indietro rispetto al target 90-90-90: che cioè almeno il 90% delle persone che in un Paese hanno l’infezione sappiano di averla perché hanno fatto il test, che il 90% che sanno di esserlo siano messe in terapia con antiretrovirali e che il 90% delle persone in terapia siano a carica virale zero».

Le sezioni di lotta all’Aids del Comitato tecnico sanitario del ministero della Salute – di cui anche Caritas italiana fa parte – hanno fatto proprio il richiamo al governo, alle Regioni e alle singole aziende sanitarie sull’importanza di garantire i servizi Hiv di diagnosi, cura e prevenzione anche in questi momenti di emergenza Covid, «avvalendosi anche dell’aiuto delle molte organizzazioni della società civile presenti sul territorio». Caritas Roma e le altre Caritas delle diocesi d’Italia che partecipano al Tavolo nazionale Aids, da parte loro, «continuano nella attività di accoglienza e sostegno alle persone con Hiv/Aids, perché possano continuare ad accedere a un elevato standard di cure anche nella attuale situazione, e, allo stesso tempo, nell’offerta di percorsi di informazione e sensibilizzazione nelle scuole e nelle parrocchie per aumentare la consapevolezza su questo tema».

1° dicembre 2020