Giornata della legalità, impegno civile contro le mafie

 Testimonianze nel Giardino della Giustizia, per onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Continuare la lotta senza fare sconti»

Anche Roma ha onorato la memoria di Giovanni Falcone, a 29 anni dalla strage di Capaci, e di Paolo Borsellino. Due vite intrecciate da un comune lavoro professionale contro la mafia e un comune destino, il primo vittima dell’attentato sull’autostrada A29 il 23 maggio 1992 e il secondo ucciso in un attentato il 19 luglio dello stesso anno a Palermo in via D’Amelio. Sabato 22 maggio, nel Parco della Romanina, al Giardino della Giustizia, nella periferia sud-est di Roma, la “Giornata della legalità e della giustizia” ha visto la partecipazione di magistrati e rappresentanti del mondo della cultura e della Chiesa per ricordare il sacrificio di Falcone e Borsellino e il prezioso lavoro che stavano svolgendo per infliggere un duro colpo alle realtà mafiose in Sicilia e nel nostro Paese.

Dopo un saluto iniziale di monsignor Francesco Pesce, incaricato diocesano per la pastorale sociale, e le parole del giornalista e conduttore Tv Massimo Giletti, che ha ricordato l’importanza di «non girarsi dall’altra parte» e il perverso sistema che cerca di intimidire chi prova a fare luce sulla mafia, la presidente del VII municipio Monica Lozzi ha sottolineato l’impegno profuso dal municipio a favore della legalità: «Mantenere la legalità in un luogo è compito di tutti, dal singolo cittadino che rispetta le norme al lavoro che fanno i magistrati, dalle forze dell’ordine a chi governa i territori che ha responsabilità importanti. Noi nel nostro municipio abbiamo abbattuto 18 ville abusive dei Casamonica. Erano 35 anni che quei fascicoli per abuso edilizio erano fermi lì, noi abbiamo fatto semplicemente il nostro dovere. Anche questo parco dove ci troviamo ora, era un luogo di spaccio degradato e senza illuminazione, l’area ludica era distrutta e i cittadini ci pregavano di far tornare a vivere questo luogo, e noi abbiamo pian piano lo abbiamo riqualificato».

Salvatore Calleri, presidente della Fondazione “Antonino Caponnetto”, ha affermato che oggi la lotta alla mafia non è più un tema in agenda per l’opinione pubblica e che su queste tematiche stiamo vivendo un momento buio, anche in virtù di diverse scarcerazioni di boss mafiosi avvenute nello scorso marzo-aprile. L’appello finale però è per «continuare la lotta senza fare sconti». Scenario diverso introdotto dal giornalista Nello Trocchia, autore di alcune inchieste sulla camorra: «Purtroppo siamo circondati non solo dai poteri criminali, dalle intimidazioni, dalle minacce dei clan ma siamo circondati (riferito ai giornalisti d’inchiesta) soprattutto dalle cause civili, io ne ho una da 39 milioni di euro. I potentati economici, imprenditoriali e politici non vogliono che si faccia informazione libera, che significa consolidamento della democrazia, qualità della vita e miglioramento dello stato delle cose. Ed è chiaro che non arriverà mai, perché in ogni legislatura ci sono delle proposte di legge per introdurre dei limiti alle querele temerarie, ma poi queste proposte franano perché avere uno strumento in mano che ti consente di chiedere milioni di euro senza dover pagare nulla dà la possibilità di intimidire, di mettere la mordacchia ai giornalisti, soprattutto a quelli territoriali».

Un appello alla società civile dal magistrato Catello Maresca, impegnato da anni in prima linea nella lotta alla camorra: «Le istituzioni devono far sentire la presenza sul territorio perché se non lo fanno questo vuoto viene riempito immediatamente dalla criminalità, che ha sempre fondato su questo la sua grande forza, e cioè l’inganno nei confronti dei cittadini e dei giovani che vengono poi avvicinati alla causa mafiosa dove lo Stato non c’è. La società civile deve fare il suo ruolo, rappresentare un fronte che contrasti la criminalità perché le mafie sono dei sistemi ben organizzati e la società civile deve avere la capacità di organizzarsi in maniera altrettanto efficace».

24 maggio 2021